Il Colonnello vuole negoziare Ma gli insorti: troppo tardi

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TRIPOLI — Illusioni e delusioni da dittatore braccato. Pur con l’acqua alla gola, circondato da ogni parte, i suoi miliziani battuti, il nemico vittorioso che controlla la capitale e si accinge a sciamare nel deserto per conquistare anche le ultime roccaforti, Muammar Gheddafi si comporta come avesse ancora carte da giocare. Ieri mattina il suo portavoce ufficiale, Mussa Ibrahim, da una località  segreta ha telefonato via satellitare alla sede newyorchese della Associated Press per offrire una «transizione negoziata». A suo dire, la trattativa per il Colonnello dovrebbe venire condotta dal figlio Saadi Gheddafi.
Scontato il categorico «no» da parte dei leader del Consiglio Nazionale Transitorio. «Non c’è alcuno spazio di trattativa. Consideriamo Gheddafi e i suoi uomini un branco di criminali che verranno arrestati e processati molto presto», ha commentato a caldo da Bengasi il ministro provvisorio dell’Informazione, Mahmoud Shamman. Anche il ministro degli Esteri britannico, William Hague, non ha potuto che definire «del tutto illusorie» le offerte in extremis che arrivano da Gheddafi. I ribelli sin dallo scoppio della rivoluzione del 17 febbraio hanno con coerenza rifiutato ogni apertura alla trattativa che arrivava da Tripoli. Anche nei momenti più pericolosi tra marzo e aprile, quando sembrava che i miliziani di Gheddafi potessero schiacciarli nel sangue. Non c’è dunque alcun motivo che accettino ora. Le cronache dell’avanzata degli insorti sono del resto ritmate dai successi. La notizia più rilevante potrebbe rivelarsi la morte del figlio 28enne di Gheddafi, Khamis, comandante della temibile 32esima brigata, che secondo alcuni esponenti dei ribelli sarebbe bruciato vivo nel rogo della sua Mercedes a Tarhouna, un’ottantina di chilometri a sud-est della capitale. Le prime, confuse informazioni raccontano di un convoglio di gipponi blindati che scortava due Mercedes incappato in un posto di blocco. Intimato l’alt dai ribelli, gli altri avrebbero fatto fuoco cercando di fuggire. «Allora le due Mercedes sono state incenerite dai missili anticarro assieme ai loro equipaggi. Tra i morti potrebbe esservi Khamis. Faremo presto le prove sul dna dei cadaveri», chiariscono i ribelli. Il generale Massoud Abdelhfid, capo delle forze armate lealiste, ha abbandonato il Raìs e ha formato un «Consiglio militare transitorio della Libia meridionale e centrale» pronto a collaborare con il Cnt. Si stringe l’accerchiamento delle ultime sacche di resistenza. I ribelli hanno aperto il confine con la Tunisia lungo il mare a Ras Jedir. E ieri pomeriggio sostenevano che dalla capitale la strada verso Ovest è completamente sicura. Uno sviluppo importantissimo per i due milioni di abitanti di Tripoli. Ora potranno arrivare benzina, cibo, acqua e medicine. Anche il porto è stato messo in sicurezza, garantendo l’arrivo di navi cargo e petroliere. Finalmente, dopo oltre quattro mesi di stallo, stanno avanzando vittoriose anche le colonne armate da Bengasi. Prese intatte le raffinerie di Brega e Ras Lanuf, come Zawiya a est la settimana scorsa, hanno passato anche il villaggio di Ben Jawad e il vecchio confine precoloniale tra Cirenaica e Tripolitania. Ora restano solo Sirte e l’oasi di Sebha in mano ai lealisti. Il portavoce militare dei ribelli, il colonnello Ahmed Bani, spiega che vi sono trattative in corso per evitare bagni di sangue. «Ma se non si arrendono siamo pronti a farci strada combattendo. Sirte è circondata», aggiunge minaccioso. Si guarda ormai con ottimismo agli sviluppi politici del dopo Gheddafi. I dirigenti di Bengasi hanno reso noti per la prima volta i nomi dei 31 membri del Consiglio nazionale provvisorio (finora se ne conoscevano solo 13), destinati a diventare 80 nel periodo che precede le elezioni previste l’anno prossimo. Tutti dovrebbero trasferirsi presto nella capitale, dove al momento sono solo 8. Note di speranza anche dall’economia: è prevista la ripresa della produzione di greggio, con la prospettiva di arrivare a quote comprese tra i 60.000 e 100.000 barili quotidiani entro settembre.


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