I sindaci del Carroccio: pagheremo dazio

by Sergio Segio | 13 Agosto 2011 7:04

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MILANO – «Bossi ha detto che tiene duro sulle pensioni? Lo spero tanto, se molliamo anche su quello per noi è finita». Lo sfogo del dirigente leghista, raccolto quando a Roma il Consiglio dei ministri è appena cominciato, racconta bene l’aria grama che si respira dentro il Carroccio. Soprattutto fra sindaci e amministratori. Risuona un tam tam ossessivo: «Qui crolla tutto, e il governo sa solo rispondere con tagli devastanti agli enti locali; sono indignato, da sindaco e da cittadino: che cosa dico ai vecchietti che non potranno più essere aiutati dal Comune, che i servizi chiudono perché dobbiamo buttare le bombe a Gheddafi?», si infervora il primo cittadino di Varese Attilio Fontana. «Devastanti»: la stessa definizione usata da Bobo Maroni, al telefono con un altro suo colonnello, in una pausa dell’incontro al calor bianco tenutosi nella tarda mattinata con i rappresentanti di Regioni, Province e Comuni.
Ma Fontana stavolta vuole spingersi oltre, mettendo nero su bianco quello che in molti, e non solo nella base, pensano: «Non mi chieda se è arrivato il momento di staccare la spina, non spetta a me deciderlo; certo che se con questa manovra gli alleati del Pdl volevano lanciare un messaggio di amicizia alla Lega, hanno attenuto l’effetto contrario». E se ancora non fosse chiaro: «Prendo atto che con loro noi non abbiamo portato a casa niente». L’elenco del nulla è sterminato, e un altro leghista di prima fascia lo squaderna con rabbia: «Tre anni al governo, e Malpensa è morta, i piccoli imprenditori sono stati lasciati al loro destino, però i soldi per Roma capitale o per ripianare il buco di bilancio di Catania li hanno trovati; e noi lì ad approvare le leggi ad personam e altre schifezze che con l’interesse generale c’entrano come i cavoli a merenda» Conclusioni: «Questi qui sono dei pazzi, compreso Tremonti, che non ha saputo prevedere per tempo la portata della crisi». Già , l'”amico Giulio”. Lo attacca apertamente un altro sindaco, il veronese Flavio Tosi: «Da parte sua mi sarei aspettato qualcosa di più coraggioso, ha solo fatto una fotocopia delle precedenti manovre: sai che sforzo, anche un bambino sarebbe stato capace; i tagli agli enti locali sono il contrario del federalismo fiscale».
E meno male che il Capo si è impuntato sulle pensioni di anzianità , almeno quelle. E che è stato «contenuto il danno» (così dicono i ministri leghisti) per le donne: l’Europa le voleva in pensione a 65 anni da subito, il percorso invece comincerà  nel 2016, con effetti a partire dal 2020. Restano i tagli a Comuni e Regioni, e questa non è affatto una vittoria della Lega. E comunque, sulle pensioni, giovedì Bossi aveva un po’ esitato, e nella base era scattato l’allarme rosso. Ecco, di nuovo c’è anche questo, il venir meno dell’incrollabile fiducia nel segretario federale, protagonista nell’ultima settimana di devastanti zig zag. «Da un paio di giorni – confessa un altro sindaco – ricevo sul cellulare messaggi fino a qualche tempo fa inimmaginabili, ecco qua l’ultimo che dice: “ma il capo è impazzito? Perché continua a cambiare idea come ha fatto sull’Europa?”».
Interrogativi per ora senza risposta, il Senatùr non può ancora venir messo in discussione: però i malumori serpeggiano. E prende corpo, soprattutto nella Lega dei sindaci e degli amministratori, tradizionalmente più vicina a Maroni, che quella trovata ieri in Consiglio dei ministri sia solo una tregua armata. Due giorni fa era stato lo stesso Bossi, a proposito di pensioni, a parlare di crisi di governo. E adesso c’è chi ritiene altamente improbabile tirare avanti fino al 2013. Un altro big, dietro la garanzia dell’anonimato, sembra avere le idee abbastanza chiare: «Se Bossi capisce che la situazione sta diventando per noi insostenibile in termini di consensi, io dico che si andrà  a votare in primavera». Ecco allora il sussurro che ha cominciato a correre tra i colonnelli, quanto meno quelli schierati sulla tesi dell’»abbraccio mortale» con il Cavaliere: cercare un accordo con il centrosinistra su una nuova legge elettorale, in modo che la Lega possa presentarsi da sola, fare il pieno, o almeno contenere le perdite, e quindi decidere dopo il voto se e con chi continuare a governare. Per ora è fantapolitica, soprattutto perché sarà  Bossi e solo lui a decidere. Ma le grandi manovre sono già  cominciate.

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