by Sergio Segio | 22 Agosto 2011 6:30
RAS AJDIR (Confine fra libia e tunisia) – Osama sorride quando finisce di parlare al telefono. E’ fuggito sei mesi fa da Tripoli dopo cinque anni al servizio di Saif Al Islam, secondogenito ed erede designato del Colonnello come factotum (interprete, chaperon, guida nei viaggi all’estero) e ora qui sulla linea di confine con la Tunisia ha appena saputo da suo fratello rimasto in Libia che i ribelli sono nella piazza Verde, il simbolo del regime di Gheddafi. «Hanno arrestato Saif Al Islam – dice Osama che ora vuol fare l’imprenditore – meglio così, meglio arrestato che ucciso. Lo odio ma non voglio la sua morte…».
La conferma ufficiale del crollo del regime in questo sabato di Ramadan arriva poco dopo quando Mustafa Abdel Jalil, presidente del Consiglio Nazionale Transitorio, il fronte rivoluzionario che sei mesi fa si è sollevato contro Gheddafi annuncia alle telecamere di Al Jazeera: «Tripoli è nostra, Gheddafi è finito…». Finito ma non preso. Forse il Colonnello, presagendo il crollo, ha preso il largo da giorni. Ha lasciato un ultimo messaggio video però: mentre le truppe degli insorti entrano a Tripoli accolte festosamente come liberatori lui esorta i miliziani: «Salvate Tripoli dalla distruzione». Un appello che ora suona come una beffa: Gheddafi ha dipinto i ribelli come drogati, come membri di Al Qaeda ma quando le loro colonne entrano a Tripoli la popolazione li accoglie come liberatori. Le voci si inseguono mentre il regime pare sgretolarsi pezzo dopo pezzo. Il Consiglio Nazionale Transitorio annuncia anche la cattura di altri figli di Gheddafi, i capi ribelli giurano di aver arrestato Khamis, dopo la bruciante della 32ma brigata da lui comandata e considerata la forza d’elite dell’esercito libico. E’ stato probabilmente proprio il colpo inferto alla 32ma a mandare a gambe all’aria il regime. La breccia nelle difese gheddafiane si è infatti aperta nel pomeriggio. I ribelli sono arrivati da ovest, dalla strada di Zawiya, hanno assaltato la caserma della 32ma e hanno vinto. In serata si sparge la voce dell’arresto degli altri figli del Colonnello: di Saadi che per qualche tempo ha goduto di una certa celebrità anche in Italia che piccandosi di essere un campione del calcio era riuscito a giocare, grazie ai soldi del padre, nel Perugia, nell’Udinese e nella Sampdoria senza però lasciare segni nella storia dello sport, e di Muhammad il figlio maggiore.
Il colpo definitivo dei ribelli al colonnello è arrivato con un’azione probabilmente studiata con cura e di certo concordata con le Forze della Coalizione che hanno appoggiato l’attacco terrestre dal cielo con le loro aviazioni. Mentre Gheddafi esortava ancora alla resistenza con un video che annunciava l’incendio di Tripoli e alcuni suoi miliziani sparavano raffiche di rabbia contro l’hotel Rixos che ospita gran parte della stampa internazionale persino la guardia di sicurezza del raìs, gli scherani più fedeli, gettava le armi di fronte agli insorti. E nel frattempo, Ibrahim Mussa, il portavoce del governo libico, lanciava un appello alla «sospensione delle operazioni su Tripoli». «Vogliamo i negoziati».
L’attacco a Tripoli d’altronde è arrivato da più parti. Nei giorni scorsi il Consiglio Nazionale Transitorio aveva fatto affluire in città molti dei suoi uomini che avevano il compito di agire da quinta colonna. Contemporaneamente ieri da Misurata sono partiti i barchini dell’Operazione Sirena portando da mare truppe fresche. Infine l’attacco definitivo e irresistibile dall’ovest, con le «tecniche», pick up su cui i ribelli hanno montato mitragliatrici pesanti sull’esempio delle bande di Mogadiscio e del Madhi Army dell’iman Moqtada Sadr in Iraq. E già in serata Anwar Fekim, un leader dei ribelli, poteva dire: «Il regime è finito, abbiamo voci da parte di persone molte vicine al raìs che ormai nessuno ha più il coraggio di nascondere la sconfitta…».
Ieri sera, ancor prima di mezzanotte, il regime del Rais è quindi crollato. Dopo sei mesi di combattimenti il bilancio è pesante. Fonti autorevoli hanno stimato che i caduti siano più di trecento e che il numero dei feriti superi i mille. Da entrambe le parti. Nella sola giornata di ieri gli insorti ammettono di aver avuto almeno cento caduti. Resta il mistero della fine del Rais. Mentre i suoi figli sono in manette lui pare scomparso. Nella notte ieri, mentre nelle piazze di Tripoli e Bengasi la popolazione festeggiava la fine del regime all’aeroporto della capitale libica sono atterrati improvvisamente due aerei del Sudafrica. Ricordando il legame tra il vicepresidente sudafricano Jacob Zuma e il Colonnello Gheddafi qualcuno ha ipotizzato che i due veivoli fossero arrivati per portare in salvo un passeggero di lusso come il Raìs.
Dagli Stati Uniti a Gran Bretagna, Francia, Italia, le reazioni internazionali all’ingresso degli insorti a Tripoli sono unanimi: Gheddafi deve arrendersi e andarsene. Gli Stati Uniti, ha riferito il dipartimento di Stato, assistono con favore all’offensiva finale a Tripoli e invitano gli insorti a pensare da subito alla Libia senza il Colonnello perché «i suoi giorni a capo del Paese sono contati».
La fine è molto prossima, ha dichiarato Downing Street, mentre per il presidente francese Nicolas Sarkozy «non c’è più alcun dubbio» che la fine del regime sia arrivata. Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha chiesto che il Colonnello «si arrenda e abbandoni il potere», mentre il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha insistito: «Mi auguro che Gheddafi accolga l’invito degli insorti a lasciare il Paese. Adesso ha le spalle al muro».
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