I patiboli sono sempre meno, le esecuzioni sempre di più

by Sergio Segio | 5 Agosto 2011 7:11

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 ROMA.Ieri mattina, nella sede del Partito radicale a Roma, è stato presentato il rapporto annuale 2011 di «Nessuno Tocchi Caino» sulla pena di morte nel mondo: la situazione nel 2010 e nei primi sei mesi del 2011.

Continua a livello globale il trend positivo verso l’abolizione della pena capitale: 155 paesi hanno abolito in un modo o nell’altro la pena di morte. Di questi 97 per legge, 8 solo per i crimini ordinari, mentre 6 paesi attuano una moratoria delle esecuzioni. Gli abolizionisti di fatto – paesi cioè che non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni – sono 44. I paesi che le mantengono passano a 42 dai 45 del 2009. Di questi 35 sono regimi dittatoriali, autoritari e illiberali. Aumenta però il totale delle esecuzioni: 5837, rispetto alle 5741 del 2009.
L’escalation in Iran giustifica il dato: 546 esecuzioni nel 2010 rispetto alle 402 del 2009, tra cui quelle di 2 minori, più altri 3 nei primi mesi del 2011. I dati del 2011 (esecuzioni triplicate rispetto al 2010) e la ripresa delle esecuzioni pubbliche mostrano la volontà  di non cambiare rotta. L’Iran supera la Cina nel rapporto esecuzioni-abitanti.
La Cina mantiene il podio, ma le condanne a morte emesse dai tribunali locali diminuiscono di anno in anno, da quando la Corte suprema ha avocato a sé il diritto esclusivo di ratificare le condanne capitali: da allora ne ha annullate almeno il 10%. I dati girano intorno a 9500 condanne a morte ma il segreto di stato imposto alla pena di morte gioca un ruolo enorme: è solo una stima approssimativa.
Medaglia di bronzo al Nordcorea, che fa dell’Asia il continente principe della pena di morte: 98,4 % del totale delle esecuzioni mondiali.
Libere dalle esecuzioni Europa e Americhe, se non fosse per Stati uniti e Bielorussia. Negli Usa nel 2010 le esecuzioni sono diminuite per due ragioni: l’abolizione legale in altri tre stati e … la mancanza di materia prima. L’azienda Hospira, unica casa farmaceutica autorizzata a produrre e vendere il Penthotal negli Usa, ha chiuso nel gennaio 2011 la produzione del farmaco usato per le iniezioni letali. L’ alternativa sarebbe il Pentobarbital, ma la casa produttrice del farmaco con licenza di produrlo in America, la danese Lundbeck, ha imposto rigidi controlli sul suo utilizzo che non non può essere bloccato, in quanto cura l’epilessia.
E’ forte anche il dibattito sui «costi della pena di morte»: un’esecuzione costa tra 1 e 3 milioni di dollari, a fronte dei 500.000 dollari di una condanna all’ergastolo senza condizionale. Tasto dolente per le malmesse finanze Usa.
Complessa la situazione in Africa. Nel 2010 43 esecuzioni in 6 paesi (4 nel 2009), ma con quache segnale positivo: l’abolizione totale in Gabon o l’impegno formale preso dal Congo.
Sergio d’Elia, segretario di «Nessuno Tocchi Caino», sottolinea l’importanza della Risoluzione per la moratoria universale sulla pena di morte approvata dall’Assemblea dell’Onu nel 2007: «una pietra miliare per la campagna contro la pena di morte e in favore dei diritti umani». Bisogna costruire una «cultura dei diritti umani», per questo l’associazione ha già  un piano d’azione basato sulla sensibilizzazione delle opinioni pubbliche nazionali. Due seminari si terranno a Tunisi e a Tokyo.
Cartine di tornasole sono Egitto e Tunisia. «La Tunisia ratifica lo Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale e annuncia quella del II Protocollo del Patto internazionale per i diritti civili e politici, che prevede l’abolizione della pena di morte», dice Taeà¯b Baccouche, ministro dell’educazione del governo di transizione Il nuovo Egitto è invece a uno snodo cruciale. Per mostrare discontinuità  col passato dovrebbe approvare la risoluzione Onu e assicurare un processo equo a Mubarak, con garanzia di diritti e senza pena capitale.
Infine la «morte come conseguenza di un’esecuzione della pena di fatto letale». L’immagine del carcere di Mukobeko in Zambia, la copertina al rapporto 2011, mostra una situazione insostenibile, ma non è necessario andare in Africa, basta guardare a casa nostra.

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