I dubbi di Bankitalia: rischio stagnazione, pressione fiscale alta

by Sergio Segio | 31 Agosto 2011 6:57

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ROMA — Una manovra da 20 miliardi nel 2012, altri 25,5 nel 2013: uno sforzo supplementare era stato chiesto al governo dalla Banca centrale europea, nella famosa lettera, per arrivare al pareggio di bilancio un anno prima del previsto. Varato il decreto, e nell’attesa di vedere nero su bianco le modifiche concordate lunedì ad Arcore, dalla Banca d’Italia si avanzano però dubbi già  sul testo licenziato a Ferragosto. Ci sarebbero «effetti restrittivi», che a cascata mettono incertezza sull’obiettivo del pareggio. L’aggiustamento dei conti è «necessario», e «l’entità  della manovra non può essere ridotta», i saldi dell’operazione devono cioè rimanere quelli dichiarati. Ma la manovra è così sproporzionata sulla leva fiscale, che «l’attuazione andrà  correttamente monitorata».
È stato chiaro il vicedirettore generale Ignazio Visco, ascoltato ieri in commissione Bilancio del Senato, prima dei rappresentanti della Corte dei Conti, dell’Istat e del Cnel. «Rischiamo una fase di stagnazione». E ancora più esplicitamente: «Potrebbe prefigurarsi una crescita del prodotto interno lordo inferiore al punto percentuale nell’anno in corso e ancora più debole nel 2012. Ciò si rifletterebbe inevitabilmente sui conti pubblici, rendendo più difficile il pareggio di bilancio e rallentando la flessione del peso del debito pubblico». Ossia uno scollamento tra gli effetti voluti e i mezzi previsti per conseguirli.
Pure riconoscendo una risposta del governo alle richieste di Francoforte «nel complesso rapida, consistente ed efficace», Bankitalia torna sul punto: il riequilibrio dei conti pubblici «deve associarsi a una politica economica volta al rilancio delle prospettive di crescita». Insiste sull’assenza («Non esistente» e come tale è percepito dai mercati, dice), di «un disegno organico, un intervento faticoso e laborioso» per lo sviluppo, nonostante le due manovre e il decreto di maggio. Problematica è soprattutto la pressione fiscale, che nel 2014 toccherà  il massimo storico: «Salirebbe — ha spiegato Visco — soprattutto nel 2012 e nel 2013 (rispettivamente di 1,1 e 0,7 punti); nel 2014 si attesterebbe al massimo storico del 44,5%», escluso il carico che potrebbero aggiungere «gli enti decentrati per compensare, anche solo in parte, la riduzione dei trasferimenti statali». Un passaggio che porterebbe — hanno indicato i tecnici del Senato — il peso delle entrate totali dal 46,6% del Pil nel 2011 al 48,4% nel 2013, comprendendo anche le entrate extratributarie. Ecco allora i suggerimenti: ridurre le aliquote contributive non pensionistiche per alleggerire il cuneo fiscale; aumentare l’Iva o il prelievo sugli immobili. E nella lotta all’evasione incrementare l’utilizzo della moneta elettronica.
A rafforzare il pungolo la Corte dei Conti. Il presidente Luigi Giampaolino è molto critico e parla di «effetti depressivi» del decreto, dovuti al ricorso «prevalente» alla leva fiscale, «quasi 3/4 della manovra», che «determina la compressione del reddito disponibile e accentua i rischi depressivi». «Nell’ipotesi più ottimistica l’aumento della pressione fiscale sarà  di 2 punti percentuali nel 2014», aggiunge Giampaolino, che vede un ulteriore capitolo critico nella Robin Hood tax, per i possibili «effetti indesiderati».

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