I contratti aziendali derogano ai collettivi salvi gli accordi Fiat

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ROMA – Alla fine il ministro Sacconi ha fatto di testa sua, non ascoltando l’invito arrivato dalle parti sociali: la materia contrattuale è entrata nel decreto varato ieri sera da Palazzo Chigi. Fra le misure approvate dal governo c’è anche l’estensione “erga omnes” degli effetti dell’accordo siglato a fine giugno fra Confindustria e sindacati. Tutti i sindacati, Cgil inclusa. Un accordo esteso quindi per legge: decisione che non piacerà  né alle associazioni dei lavoratori, né a quelle delle imprese che aveva chiesto di continuare a vedersela da soli.
A spiegare gli effetti di questa misura ci ha pensato lo stesso ministro: «Le norme approvate contengono il cuore dello Statuto dei lavori in quanto attribuiscono ai contratti aziendali o territoriali la capacità  di regolare tutto ciò che attiene all’organizzazione del lavoro e della produzione, anche in deroga ai contratti collettivi e alle disposizioni di legge quando non attengano ai diritti fondamentali nel lavoro, che in quanto tali sono inderogabili e universali».
In concreto perde peso il contratto nazionale e ne acquista quello territoriale. Ora il problema sarà  capire anche quale sarà  il destino dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello che regola la materia del licenziamento: ci sono ipotesi che anche tale punto possa essere sottoposto a deroga (interpretazione cui la Cgil si oppone fermamente).
La norma varata ieri riguarda anche i nuovi contratti Fiat. Le disposizioni «contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità  produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori», recita il testo sulla contrattazione varato dal Consiglio dei ministri. In altre parole ciò consentirà  l’applicazione dell’accordo anche alle intese firmate dal gruppo guidato da Marchionne per Pomigliano d’Arco e Mirafiori.
Ma contrattazione a parte (solo nell’ultimo incontro fra governo e parti sociali il sottosegretario alla Presidenza Letta aveva annunciato l’apertura di un tavolo che pare ora svuotato), il Consiglio dei ministri è intervenuto in materia di lavoro anche riguardo alle festività . Come già  annunciato da Tremonti alle Commissioni riunite – fatte salve le feste religiose, materia di trattato – le festività  laiche (il Primo Maggio, il 25 aprile e il 2 giugno) saranno spostate «alla domenica, come accade a livello europeo» per determinare un aumento della produttività . Pare che la bozza entrata a Palazzo Chigi fosse un po’ più soft e prendesse il considerazione lo spostamento della festa al lunedì successivo. La decisione di rinviare le feste aveva infatti sollevato qualche polemica perché rivolta solo a tre date di grande importanza per la memoria storica del Paese.
In ogni caso, «questo significa niente ponti», ha precisato Berlusconi. Peccato che la maggior parte dei ponti (come l’8 dicembre di quest’anno, praticamente l’unico del 2011) siano legati proprio a festività  religiose.


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