Hamas e Fatah tornano al Cairo, per parlarsi

Loading

A guidare due giorni fa le due delegazioni erano per Fatah Azzam al-Ahmad e per Hamas Musa Abu Marzuk, il numero 2 dell’organizzazione. I colloqui si sono focalizzati «sui modi per mettere in opera l’accordo di riconciliazione» e in particolare sulla formazione del nuovo governo, la questione più sensibile. E su questo punto non si sono fatti passi in avanti.
Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zahri, ha ribadito che il suo partito è «serio e chiede l’applicazione dell’accordo del 4 maggio il più in fretta possibile» ma anche rilanciato l’accusa a Fatah di voler nominare per forza l’attuale premier dell’Autorità  nazionale palestinese (Anp), Salam Fayyad, capo del governo di unità  nazionale. Un’accusa in verità  fondata, perché le intese firmate a maggio escludono categoricamente che componenti dell’attuale esecutivo possano far parte di quello futuro. Fatah da parte sua ripete che solo riconfermando premier Salam Fayyad si potrà  evitare il boicottaggio internazionale dell’esecutivo Fatah-Hamas, visto che il primo ministro in carica gode di stima e considerazione presso molti governi occidentali. Hamas si oppone anche perché i servizi di sicurezza dell’Anp negli ultimi anni hanno dato la caccia senza sosta ai militanti veri e presunti del movimento islamico e incarcerato centinaia di persone (Hamas da parte sua ha preso di mira gli attivisti di Fatah a Gaza).
Proprio la questione dei prigionieri politici è una delle poche sulle quali le due parti hanno trovato un terreno comune. Fatah e Hamas si sono accordati per rilasciare tutti i prigionieri politici. In effetti lo avevano concordato anche a maggio, ma i detenuti sono rimasti in carcere di fronte alle esitazioni di Abu Mazen, subito messo sotto pressione da americani e israeliani che lo hanno minacciato – Barack Obama in testa – di attuare un duro boicottaggio nei confronti del governo con al suo interno Hamas (perché non riconosce lo Stato ebraico e non accetta gli accordi di Oslo).
Stavolta le due parti assicurano che le cose andranno diversamente. Il movimento islamico e Fatah hanno inoltre deciso di formare un comitato per risolvere la delicata questione dei palestinesi di Gaza, alcune migliaia, che non possiedono il passaporto palestinese. L’Anp sino ad oggi non ha fatto molto per aiutarli. Verrà  anche discussa la riapertura di associazioni e organizzazioni chiuse in Cisgiordania e Gaza durante la guerra a distanza di questi quattro anni. Sul terreno c’è anche la questione delle elezioni amministrative: l’Anp le aveva rinviate per non turbare i negoziati con Hamas, poi ha fatto marcia indietro confermandole entro la fine dell’anno solo in Cisgiordania. Un passo che ha fatto infuriare Hamas che vuole elezioni amministrative dopo la formazione del nuovo governo, quindi il prossimo anno, in tutti i territori occupati e non solo in Cisgiordania. Non è chiaro quando avverrà  la seconda sessione di colloqui.


Related Articles

Nizza, una scia di sangue in «asimmetria»

Loading

è la guerra che abbiamo esportato che è all’origine di questa scia di sangue. E la Francia è stata protagonista negli ultimi anni di tutte le imprese belliche: geopolitiche in Libia e in Siria, neocoloniali in Africa

L’Europa ancora in prima linea

Loading

l’Europa viene di nuovo tra­sfor­mata dagli Stati uniti tra­mite la Nato in prima linea del con­fronto Ovest-Est, con la col­la­bo­ra­zione delle oli­gar­chie poli­ti­che ed eco­no­mi­che euro­pee

SIRIA Un orribile punto morto

Loading

Stanco dell’incessante propaganda unilaterale della Cnn e della Bbc World, che generalmente anticipa i bombardamenti della Nato (come fu per l’attacco contro la Libia) o l’occupazione diretta, provo a spiegare il mio punto di vista sulla crisi della Siria. Denunciando prima di tutto l’investitura del Consiglio nazionale siriano da parte del network dei media occidentali e registrando che parte dell’opposizione armata siriana è perfettamente capace di organizzare i suoi massacri per attribuirli poi al rregime.
Voglio così anche respingere la diffamazione esplicita da parte di alcuni che mi accusano di essere un «apologeta di Assad» come fu per quegli idioti che mi tacciavano di «apologeta di Saddam» durante i preliminari dell’occupazione dell’Iraq.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment