Gheddafi beffa gli insorti e proclama la guerra santa

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Tripoli. Al check-point che blocca la strada che porta all’hotel Rixos il giovane towar alza due dita in segno di vittoria ma poi consiglia: «È meglio passare da un’altra parte, più avanti si spara».
La scena si ripete all’incrocio successivo. I ragazzi della rivoluzione sorridono ma avvertono: «Aspettate, stiamo cercando di snidare un cecchino». Gli sniper di Gheddafi sono annidati in tutta la città . Uno tiene sotto tiro le vie che portano al Corinthia, l’albergo dove si è installata la stampa internazionale che da giorni continua ad affluire a Tripoli. I ribelli cercano di eliminarlo con brevi raffiche mirate, ad altri incroci sono più sbrigativi e usano lanciarazzi Rpg e cannoni senza rinculo montati sulle tecniche.
L’ultima battaglia per la liberazione di Tripoli si combatte casa per casa a caccia di Gheddafi e della sua famiglia. Il bunker di Bab Al Aziziya è caduto, e i ribelli portano i giornalisti ad esplorare i cunicoli per le sortite, saccheggiano i magazzini ma lo fanno tenendo la testa bassa perché la linea del fronte si è solo spostata più in là . Fra le macerie del bunker sono emersi anche strani cimeli: c’era anche un album pieno di foto dell’ex segretario di Stato americano Condoleezza Rice. Le foto sono immagini scattate durante eventi ufficiali a cui aveva partecipato l’ex capo della diplomazia Usa per la quale il colonnello aveva un debole. «La amo molto», confesso una volta.
Lo scontro finale ora è ad Abu Salim, pochi passi a sud ovest da Bab Al Aziziya e a Ghargour, dalla parte sud di quella che sino a due giorni fa era l’ultima ridotta di Gheddafi. I ribelli sono convinti che almeno due figli si siano rifugiati a Ghargour. Per tutta la giornata paiono certi di chiudere definitivamente la partita con il colonnello. «Si è rifugiato nel buco di un palazzo di Abu Salim, lo stiamo per prendere, stasera nella piazza dei Martiri ci sarà  una sorpresa» dicono ringalluzziti dall’appoggio degli specialisti del Sas inglese e delle forze d’élite francesi. Gli scontri di Abu Salim sono stati durissimi con un numero ancora imprecisato di vittime. L’assalto alla roccaforte gheddafiana è partito nel pomeriggio e la battaglia è proseguita per lunghe ore, fino a quando in serata i ribelli sono riusciti ad entrare, aiutati anche da un bombardamento della Nato. Ma a quel punto Gheddafi non c’era più: braccato per tutto il giorno, secondo le testimonianze, il raìs sarebbe fuggito verso sud, lungo la Airport Highway che conduce fuori della capitale e dove Gheddafi ha delle fattorie.
E mentre intorno ad Abu Salim si combatteva il raìs ha sorpreso tutti di nuovo con un messaggio audio in cui chiama alla battaglia i fedelissimi incitandoli a «ripulire» Tripoli «dai ratti, dai crociati e dagli infedeli». Il colonnello dice che ci vuole una Jihad, una guerra santa per liberare la Libia dai «servitori di Italia e Francia» che vogliono «strappare il potere al popolo». Mentre un portavoce del regime Moussa Ibrahim – secondo quanto ha riferito Al Jazeera – ha detto che Gheddafi si trova in Libia, che «guida la battaglia contro i ribelli» ed è «in buona salute e al sicuro. Il suo morale è alto». Aspri combattimenti fra le forze fedeli a Gheddafi e gli insorti ci sono stati anche all’aeroporto di Tripoli. Nel tardo pomeriggio in ribelli hanno affermato di aver preso «il controllo totale dello scalo, da sud, nord, est e ovest; c’è ancora fumo da uno degli aerei dato alle fiamme la notte scorsa dai lealisti».
L’altro ieri Gheddafi sarebbe sfuggito per un pelo alla cattura nascosto in una casa comunissima nel pieno centro di Tripoli: lo sostiene la rivista francese Paris Match, citando «informazioni confidenziali» dei propri inviati, ottenute da «cellule» di servizi segreti arabi. «Verso le 10 del mattino – scrive Paris Match – i servizi hanno ottenuto un’informazione da una fonte fidata, che ha consentito di localizzare un nascondiglio: una casa della massima discrezione, senza ostentazioni né confort, situata nel cuore di Tripoli. Muammar Gheddafi vi ha trascorso almeno una notte». «Il fuggiasco – continua il resoconto – era però già  scomparso quando un commando speciale dei ribelli ha fatto irruzione nella casa. Sono state trovate prove del passaggio dell’ex dittatore libico».
Mousa, 19 anni, studente in medicina ha passato l’intera giornata di ieri a sparare contro i palazzi di Abu Salim. È ormai sera quando stanco appoggio il fucile d’assalto di fabbricazione belga al muro e sospira: «Tripoli è libera al novanta per cento, resta Abu Salim, il dieci per cento». Un compagno però gli risponde: «Il 10 per cento di Gheddafi è un cinquanta per cento».
In città  arrivano voci che a Sirte le forze di Gheddafi abbiamo sparato contro i ribelli almeno quattro missili Scud e che potrebbero anche usare i gas-mostarda per sterminare le brigate dei ribelli. Mousa però giura che l’arsenale chimico del raìs è già  stato trovato ma non si capisce se è una certezza o una speranza.
Basta andare negli ospedali per rendersi conto della rabbia con cui stanno combattendo i fedelissimi del raìs. Nell’obitorio dell’ospedale del centro, ci sono diciassette cadaveri allineati uno accanto all’altro e coperti con un telo di plastica verde. Tutti hanno un cartellino con il nome scritto sopra legato alle dita dei piedi. Secondo i medici che li hanno visti sono stati uccisi tutti insieme. «Un’esecuzione di massa, non ci sono dubbi» sottolinea il dottor Rashid. Cadaveri trapassati da proiettili sparati a bruciapelo sono stati trovati in diversi punti della città  e ciò è bastato a convincere la gente che di notte dai cunicoli dei bunker ancora inespugnati partano “squadre della morte” che uccidono chi trovano sulla loro strada. I corpi dei caduti di quest’ultima e infinita battaglia arrivano anche a el Tori, un ospedale più decentrato. Li aspetta una folla di parenti, amici, anche semplici conoscenti che con le bocche protette dalle mascherine igieniche intona il nuovo inno nazionale che poi è quello in voga al tempo della monarchia eliminato dal raìs. I capi dei miliziani parlano di 400 feriti e di oltre duemila feriti in questo scontro per la liberazione finale di Tripoli. Dall’inizio del conflitto – precisa Jalil, il capo del Cnt – le vittime sarebbero più di ventimila. Mousa sogna: «Spero di ora in ora che mi dicano che Gheddafi è stato catturato o ucciso. Io preferirei che lo ammazzassero».


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