Freddo e senza rimorsi il ritorno di Breivik sull’isola del massacro
BERLINo – Tre settimane dopo, l’orrore di Utoya rivive in diretta, narrato sul posto dal massacratore fino all’ultimo dettaglio. Lui non ha mostrato il minimo pentimento: freddo e collaborativo, ha ripercorso, narrato, spiegato ogni attimo della sua strage. E la fotosequenza e il video raccolti dal giornale norvegese Verdens Gans documentano al mondo l’agghiacciante ricostruzione compiuta per gli inquirenti. Ammanettato e legato a una lunga corda d’acciaio rivestito, protetto da un giubbotto antiproiettile Anders Breivik, l’estremista norvegese che il 22 luglio, dopo aver piazzato l’autobomba nel centro di Oslo massacrò nell’isola di Utoya 69 inermi giovani laburisti, è tornato sul luogo del delitto. Portatovi dagli investigatori della polizia, sotto scorta in assetto di guerra. Per arricchire con ogni particolare possibile la sua confessione di mostro.
«È stato molto importante per ottenere il maggior numero possibile di dettagli per l’inchiesta», ha spiegato Pal Hjort Kraby, il capo degli inquirenti. «Non ha mostrato la più piccola ombra di pentimento o rimorso, ma sono emersi molti nuovi particolari, ha rinfrescato la sua memoria, ha collaborato». La fotosequenza dell’orrore in dettaglio fa rabbrividire. Sembra quasi il sopralluogo su un set cinematografico o sul luogo d’una manifestazione sportiva, invece è Breivik, circondato dai poliziotti, che ripercorre ogni angolo del suo crimine. Nelle prime foto il criminale è a bordo d’un piccolo traghetto, sta arrivando a Utoya insieme a due agenti speciali. È ammanettato e ha i ceppi ai piedi, è protetto da un giubbotto antiproiettile. Uno dei poliziotti tiene in mano la corda d’acciaio cui egli è legato.
La sequenza continua. Breivik e i suoi custodi sbarcano nell’isola del massacro, lui mostra il piccolo casotto, poi sulla riva – liberato da manette e ceppi per poter narrare e gesticolare meglio – comincia a mimare ogni momento. Dall’inizio alla fine del lungo sabato pomeriggio di ritorno forzato a Utoya, il suo volto resta freddo, calmo, impassibile, non tradisce nessuna emozione. Ecco Breivik simulare se stesso mentre imbraccia un fucile di precisione, prende la mira verso l’acqua e spara. «Qui, così, ho ucciso qualcuno che tentava di salvarsi fuggendo a nuoto». Davanti a un prato, quasi la stessa macabra scena in un’altra foto: Breivik si tiene saldo in piedi a gambe larghe, poi fa finta di prendere la mira come se tenesse una grossa pistola con le due mani.
Altre foto: il massacratore mostra diversi punti della spiaggetta dove ha assalito e assassinato le sue giovani vittime, poi l’attracco. Poi la sequenza prosegue: Breivik conduce i poliziotti lungo una strada in salita, che s’inoltra nel bosco e poi prende una curva. Sono gli altri passi della sua corsa folle di quel 22 luglio, quando da un punto all’altro dell’isoletta cercò implacabile le sue vittime. Le ultime immagini mostrano Breivik che risale sul traghetto circondato dagli agenti speciali, poi il video messo in rete da Verdens Gang ripete la stessa sequenza e chiude mostrando Breivik riportato in carcere a tarda sera, sulle jeep Mercedes blindate della polizia.
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