Folla e commozione per l’addio a D’Avanzo “Porteremo fino in fondo le sue inchieste”

by Sergio Segio | 2 Agosto 2011 6:22

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ROMA – Increduli, a dare l’ultimo saluto a Peppe D’Avanzo. Interrotte vacanze e viaggi, lasciato il lavoro, ieri mattina erano tutti lì. Amici, colleghi e direttori, compagni di strada e di inchieste. E tanti lettori. Per i quali negli anni, con la forza della sua passione per la verità , era diventato un punto di riferimento, di comprensione del mondo del potere e della politica.
Stretti nell’Aranciera di San Sisto per il funerale laico, silenziosi a guardare il feretro coperto dai girasoli sulle note di Pino Daniele a ricordare le sue radici napoletane e i Beatles tanto amati. Insieme per sentirsi meno soli. Troppo difficile pensare che non ci sia più, ucciso da un infarto mentre correva in bici verso Calcata.
Commosso, il direttore di Repubblica Ezio Mauro per primo spezza il silenzio, guardando la compagna della vita di Giuseppe, Marina D’Amico e sua figlia Giulia. Mentre arrivano il presidente del Gruppo Espresso Carlo De Benedetti e l’amministratore delegato Monica Mondardini e si schierano in omaggio a D’Avanzo i direttori del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, della Stampa Mario Calabresi, del Messaggero Mario Orfeo, dell’Ansa Luigi Contu e il presidente Rai Paolo Garimberti. Ma anche il prefetto Gianni De Gennaro, il procuratore antimafia Piero Grasso e tra i politici Walter Veltroni e Cirino Pomicino accanto ai registi Paolo Sorrentino e Nanni Moretti e allo scrittore Sandro Veronesi. Universi diversi conquistati dalla sua passione, dalla sua onestà  intellettuale.
«Non so che dire. Siamo qui tutti e non ci crediamo ancora», ripete Ezio Mauro. «Ci siamo scelti. La nostra è stata una storia d’amore professionale: dentro il giornale era la mia sentinella. Abbiamo giocato battaglie sproporzionate guardandoci solo negli occhi, con la garanzia inattaccabile del suo giornalismo e della qualità . Ci proteggeva col suo modo di stare in campo, con la sua forza, il suo coraggio. E ora siamo più soli». Ma non finisce qui: «Oggi prendiamo l’impegno di continuare il suo lavoro sapendo che è insostituibile. Fino in fondo, come faceva sempre lui e tenendo presente il metodo, la ricerca dell’eccellenza che chiedeva sempre a se stesso e a tutti noi. Grazie di tutto Peppe, ti voglio bene».
E se il fratello riesce appena a dire che «per noi era un grande punto di riferimento» prima di scoppiare in lacrime, il nipote legge una poesia di Emily Dickinson: «A zio Peppe piaceva tanto». Parla della sofferenza che si prova quando si perde un amico e si ripensa «a come camminava, alla piega dei capelli o lo scherzo che solo lui sapeva». Lo sa bene Attilio Bolzoni. Era con lui durante l’ultima passeggiata in bici. Ne ricorda la generosità , il pudore, la purezza («Si occupava di intrighi e misteri senza malizia»). Guarda la moglie, le racconta un segreto: «Se n’è andato in un bel posto, in campagna. Stai sicura, in quel momento era felice».
Le ultime parole, prima che salga la voce rotta dall’emozione di Bruce Springsteen, sono proprio quelle di Peppe, lette dallo scrittore e collega Bruno Arpaia. Sono sull’amato rugby le cui regole salverebbero l’Italia. «Perché nel rugby non esiste Io ma soltanto Noi. Sottende forza spirituale prima che fisica. Esclude la mossa furbesca, la sottomissione gregaria, l’arroganza del prepotente».

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