Fiat Pomigliano, tenta il suicidio dopo la cig

by Sergio Segio | 3 Agosto 2011 7:38

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 NAPOLI.La moglie in lacrime ha detto ai carabinieri della depressione del marito che da pochi giorni aveva ricevuto la lettera della Fiat di Pomigliano per il rinnovo della mobilità , prorogata per altri 2 anni. È stata lei a trovarlo in bagno completamente coperto di sangue, e pur nel panico è riuscita a chiamare l’autoambulanza, in un gesto istintivo che, si spera, riuscirà  a salvare la vita al marito. Per ora Carmine P., 44 anni, è gravissimo, le ferite che si è inferto con un coltellino ai polsi, al collo e all’addome sono profonde, dettate dalla volontà  di farla finita, probabilmente in una condizione psicologica debole di chi non vede futuro davanti.

«Non abbiamo molte notizie su Carmine – spiega con voce sconvolta Sebastiano D’Onofrio, un delegato Fiom – sappiamo solo che era un iscritto dell’Ugl, ma chi lo conosce ci ha detto che è un ragazzo tranquillo come la maggior parte di noi». La cosa certa è che, come molti, da 3 anni Carmine non metteva piede in fabbrica se non saltuariamente, lui che abita in una delle aree più difficili della città , a Scampìa, dove essere un operaio è l’eccezione alla regola del reclutamento camorristico. Carmine però non deve aver creduto alle promesse del Lingotto sulla rinascita della fabbrica che con 800 milioni di investimento, dopo un referendum che ha azzerato i diritti degli operai, si appresterebbe a produrre la nuova Panda tra meno di un anno. Aggiungici poi che con due figli a carico di 11 e 18 anni i problemi economici della cig si acuiscono, più la solitudine di lunghe giornate senza lavoro: ecco che la disperazione può prendere il posto della ragione.
«Io lo capisco – dice Franco Percuoco, altro delegato di Pomigliano – anche se non sono lettere di licenziamento la paura di perdere il lavoro ci sta, perché da sola la Panda, se verrà  mai prodotta, difficilmente riuscirà  a saturare gli organici. Da 3 anni stiamo a casa – continua – e noi come rappresentanti di fabbrica insistentemente abbiamo segnalato all’azienda le situazioni più difficili e a rischio. Per esempio c’è una signora separata con tre figli a carico e una situazione economica disastrosa, il suo caso è stato fatto presente più volte. Ma loro se ne fregano e quelle rare volte che aprono le linee lavorano sempre gli stessi. Gli amici degli amici». Solo Carmine – che al Giambattista Vico era addetto al montaggio della 159 – può conoscere in profondità  i motivi del suo gesto, al momento la sua vita è appesa a un filo. I medici del San Giovanni Bosco lo hanno operato per alcune ore nel tentativo di chiudere tutte le ferite. Tagli profondi che il destino non ha voluto fossero mortali, ma che gli hanno fatto perdere molto sangue: «La prognosi rimane riservata ed è ancora in pericolo di vita», spiega Giuseppe Matarazzo, direttore sanitario dell’ospedale.
Mentre Carmine è in rianimazione, tra i sindacati, che l’anno scorso si sono divisi sull’opportunità  di firmare l’accordo che azzera i vecchi contratti e apre la strada alla newco, nemmeno su questo gesto estremo ci sono comunità  di vedute. La Cgil ha espresso vicinanza alla famiglia e definito il tentato suicidio «l’ennesimo sintomo della gravità  della crisi che attraversa la nostra Regione, del clima di disperazione che tocca quanti si vedono privati delle loro certezze economiche, lavorative, di vita, di futuro». Al contrario, di «fraintendimento» delle reali intenzioni aziendali parlano Fim e Uilm, che il progetto di Sergio Marchionne a Pomigliano hanno sostenuto e voluto rispetto alla netta opposizione della Fiom. «Siamo a disposizione della famiglia del lavoratore, ma l’operaio ha forse male interpretato la lettera della Fiat», ha detto Crescenzo Auriemma. L’esponente della segreteria Uilm ha spiegato: «Dopo tre anni di cig è normale che scatti la depressione, ma noi contiamo di riportare tutti al lavoro entro la metà  del 2012». Sulla stessa linea Giuseppe Petracciano, segretario regionale della Fim, che invece sottolinea come non si possa imputare il gesto all’azienda visto che la stessa lettera l’hanno ricevuta tutti gli operai dell’ex Alfa. La moglie di Carmine, pur presa dalla disperazione, ha raccontato ai carabinieri che il gesto sarebbe collegato all’angoscia della nuova mobilità .
«Io ho tre figli – commenta ancora D’Onofrio – e non posso fare nemmeno un passettino, ma mica mi ammazzo… Non tutti siamo uguali, ci sono debolezze però che non andrebbero sottovalutate. Di sicuro resto sempre più sconcertato dal clientelismo e dal nepotismo che c’è in Fiat. Se ne fregano delle situazioni più disastrate e mandano sempre gli stessi a lavorare in trasferta a Val di Sangro (lo stabilimento Sevel in provincia di Chieti che produce per Fiat Citroen e Peugeot, ndr). Noi come Fiom – conclude D’Onofrio – abbiamo fatto diverse richieste, tutte rifiutate, ma mica ci mettiamo di traverso per togliere lavoro ad altri operai».

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