Felpa, sciarpa e BlackBerry le baby gang degli incappucciati che sfidano Scotland Yard

by Sergio Segio | 11 Agosto 2011 6:46

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LONDRA – Una felpa con cappuccio la loro armatura e un Blackberry in tasca la loro arma. Con la prima si nascondono alle telecamere a circuito chiuso puntate sui negozi che depredano perché non vengano identificati, con l’altro si danno appuntamento a ore precise e in luoghi predeterminati per avere la garanzia che, ovunque colpiranno, avranno almeno la forza che danno i numeri. Ma basta sbirciare sotto i loro passamontagna improvvisati perché l’identikit dei giovani che da sabato hanno messo a ferro e fuoco l’Inghilterra si faccia più confuso. Si scorgono volti di neri, bianchi, asiatici. Bambini neppure undicenni o giovani trentenni. Uomini, ma anche moltissime donne, rossetto scarlatto e gambe strette in una minigonna.
Poveri? Alla Corte di Highbury dove, martedì notte, sono giunti i primi “incappucciati”, in attesa di giudizio accanto allo studente quattordicenne modello, «tutti Ottimo in pagella», tra i disoccupati e i perditempo, sedevano anche un designer e un rivenditore di automobili. Rivoltosi? «Macché!», ti senti replicare per le strade. «Sono solo in cerca di un diversivo. Rubano per divertimento». Certo, e qualcuno alla fine lo ammette, quando svagarsi diventa fracassare una vetrina, allora forse un malessere c’è. Quando non puoi permetterti di pagare le sempre più esose tasse universitarie e non hai alcuna prospettiva di trovare un lavoro o comprarti una casa, quando in famiglia anche il rituale della cena tutti insieme diventa una rarità , allora quella felpa col cappuccio alla Rocky Balboa non è più solo un mezzo di difesa, ma anche un’uniforme per rifugiarsi nell’invisibilità  e sfuggire al vuoto del presente e all’assenza di futuro. La fedeltà  alla gang rimpiazza la fedeltà  alla famiglia e i messaggi istantanei del BlackBerry diventano un codice. E non si scende per strada solo per rabbia contro le angherie della polizia o per l’ingiustizia sociale, ma anche per noia e disincanto.
Brian Kelly, padre irlandese, punta l’indice contro le famiglie. «Le ha viste le immagini della tv? Ha visto quanti bambini? Io mi chiedo: ma dov’erano i loro genitori? Io non lascerei mai i miei figli uscire di notte, né tantomeno loro si sognerebbero di prendere a calci la vetrina di un negozio d’elettronica». Kelly è arrivato a Londra quando aveva 18 anni. Oggi fa il tassista. Anch’io ero disoccupato a quell’età , ma ho provato a fare di tutto, dallo spazzino al cameriere, prima di ottenere la licenza. Ai miei tempi c’era senso del dovere. Le dirò di più. C’era rispetto per l’autorità , che fosse l’insegnante, il genitore o un poliziotto. Oggi è sparito tutto. Ma non è colpa dei tagli. È colpa dell’assenza dei valori».

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