Eritrea-al Shabaab, le relazioni pericolose

by Sergio Segio | 10 Agosto 2011 10:53

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Sono due i nomi cerchiati in rosso: quello delle milizie filo-qaediste di al Shabaab[1] padrone del centro e del sud della Somalia, e quello di Isaias Afewerki[2], il presidente eritreo che ha perso il guanto di velluto ma non il pugno di ferro. Protagonisti di un gioco complesso e pericoloso nel quale sono alleati. È in Kenya che quella rete nascosta di rapporti e interessi convergenti viene alla luce. Per vederla, bisogna seguire un filo alla volta. Gli analisti dell’Onu sono partiti da un’analisi approfondita di al Shabaab e dei suoi meccanismi di finanziamento. Un esame che ha portato alla scoperta che l’organizzazione islamista è molto meno amatoriale e improvvisata di quanto si poteva pensare, può contare su un migliaio di guerriglieri ma soprattutto ha un “giro d’affari” compreso tra i 70 e i cento milioni di dollari l’anno. Tanto riesce a raccogliere la formazione somala che da anni tiene sotto scacco il Governo federale di transizione e che pochi giorni fa si è ritirata da Mogadscio annunciando un ripiegamento strategico.

Quello che una volta era un esercito di straccioni adesso è un’organizzazione strutturata. “Al Shabaab si sta trasformando da fazione armata in un consorzio di interessi affaristici a scopo di lucro, sia in Somalia che all’estero, i cui membri beneficiano di pratiche commerciali stile cartello, esenzioni fiscali e reciproco sostegno”, si legge nel report. Tra i 35 e i 50 milioni di dollari, il gruppo li raccoglie con le tasse doganali che incassa controllando porti come quello di Kisimayo. Tra i 30 e i 60 milioni di dollari l’anno arrivano da quello che può essere definito “pizzo”, cioè dalle quote pagate per poter restare in attività  da commercianti e businessman che operano nelle aree somale in mano ai miliziani. E tra queste, fino a pochi giorni fa, c’era anche il mercato principale di Mogadiscio, Bakara[3]. Ci sono poi i check point mobili, con i quali i miliziani taglieggiano i viaggiatori. Restano fuori le charities con cui al Shabaab riceve importanti contributi e donazioni dai Paesi del Golfo. E poi c’è un benefattore particolarmente importante: il presidente eritreo Isaias Afewerki.

In questo caso, il report delle Nazioni Unite non rivela nulla di nuovo[4]. Da tempo, il regime eritreo è percepito come una minaccia alla stabilità  dell’area proprio dagli stessi Paesi della regione. Tante le conferme in tal senso: Uganda, Kenya ed Etiopia sono protagoniste di un processo di riarmo la cui direttrice politica si comprende facilmente, soprattutto se si analizzano recenti sviluppi come la firma,a fine luglio, di un accordo sulla sicurezza regionale da Uganda ed Etiopia, gli stessi Paesi che hanno collaborato alla stesura dell’Accordo di Kampala[5], lo scorso giugno, con cui è stato provvisoriamente risolto il conflitto intestino[6] che stava paralizzando le istituzioni somale. La Somalia resta la spina nel fianco della regione, un focolaio di instabilità  che irradia i suoi effetti in tutto il Corno d’Africa. Lo sanno bene l’Uganda, che nel luglio 2010 pianse la morte di 74 persone rimaste uccise negli attentati messi a segno a Kampala da al Shabaab[7], l’Etiopia, il Paese più esposto agli effetti del pantano somalo e che nel 2006 è intervenuto direttamente nel conflitto per cacciare le Corti islamiche, e il Kenya che è diventato una sorta di campo neutro in cui la guerra strisciante continua sotto altre sembianze.

È a Nairobi, secondo quanto rivelato dal quotidiano keniano The Star, nella sede dell’ambasciata eritrea, che si svolgono oscure operazioni di pianificazione e coordinamento della strategia di intervento nel conflitto somalo. Perché Afewerki è forse il principale sponsor di al Shabaab e i potenti funzionari degli apparati di sicurezza del suo regime tengono i contatti con i leader della milizia e finanziano la formazione filo-qaedista. L’obiettivo è semplice: tenere l’Etiopia sotto pressione, costringerla a dividersi su più fronti: quello sempre aperto con l’Eritrea, a nord e quello orientale, lungo il confine con una Somalia al collasso. Tra Addis Abeba e Asmara c’è una disputa sui confini che dura dall’indipendenza dell’Eritrea dall’Etiopia, dichiarata nel 1991, all’origine di una guerra che tra il 1998 e il 2000 ha fatto oltre 70 mila vittime. Ci sono ufficiali del Fronte popolare per la democrazia e la giustizia, il partito-stato eritreo, dietro le ingenti somme in contanti che arrivano alla milizia somala. Secondo il rapporto Onu, il regime eritreo controlla un’economia formale che si basa sulla nafka, moneta non convertibile, ed in condizioni quasi agoniche, visto che il reddito medio della popolazione non supera i 310 dollari. Poi c’é quella costruita intorno a società  schermo, prestanome, scatole cinesi, schemi labirintici di società  di facciata che non hanno alcun legame formale con i vertici del regime ma che sono nella quasi totale disponibilità  di Afewerki e della sua corte. Una delle principali fonti di entrata è la tassa del 2 per cento sul reddito che gli eritrei residenti all’estero sono costretti a pagare se vogliono poter rientrare in patria o evitare ritorsioni sui parenti lasciati laggiù. I funzionari d’ambasciata e i corrieri, cui spesso vengono rilasciati visti diplomatici, sono il sistema nervoso che trasmette gli imput dal centro decisionale alla periferia e che muovono cifre nell’ordine delle centinaia di miliardi di dollari. Questo meccanismo fa paura all’Igad, l’organizzazione intergovernativa che riunisce sette Paesi dell’Africa orientale e che nell’ultimo summit, ad Addis Abeba, aveva lanciato un pesante avvertimento all’Eritrea, facendo eco al padrone di casa, il premier etiope Meles Zenawi che a marzo era stato ancora più chiaro: “Useremo tutti i mezzi necessari” per deporre Afewerki.

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Endnotes:
  1. al Shabaab: http://it.peacereporter.net/articolo/23277/Somalia,+l%27ombra+di+Al+Qaeda
  2. Isaias Afewerki: http://it.peacereporter.net/articolo/18029/Eritrea%2C+legami+con+al+Qaeda%2C+nuove+richieste+di+sanzioni+per+finanziamenti+ad+Al-Shabbab
  3. il mercato principale di Mogadiscio, Bakara: http://it.peacereporter.net/articolo/24783/Somalia,+al+mercato+con+la+morte
  4. nulla di nuovo: http://it.peacereporter.net/articolo/18029/Eritrea,+legami+con+al+Qaeda,+nuove+richieste+di+sanzioni+per+finanziamenti+ad+Al-Shabbab
  5. Accordo di Kampala: http://it.peacereporter.net/articolo/28877/Somalia,+raggiunto+accordo+sul+rinvio+delle+elezioni
  6. conflitto intestino: http://it.peacereporter.net/articolo/29037/Somalia,+trame+e+paralisi
  7. attentati messi a segno a Kampala da al Shabaab: http://it.peacereporter.net/articolo/22967/Uganda,+due+bombe+durante+la+diretta+dei+mondiali%3A+almeno+64+morti

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