E le parti sociali isolano Giulio “Via Tremonti o subito alle urne”
È di nuovo l’economia, come nei giorni caldi dell’approvazione sprint della manovra, a imporsi sulla politica, dettandone i tempi.
Ma stavolta le parti sociali – gli imprenditori, i banchieri, i sindacati, i rappresentanti di categoria – non sono più disposti a fare da spettatori di fronte alla passività del governo. E dettano le loro condizioni, invocando un radicale cambio di scenario. Che passi per lo meno dalla sostituzione di Tremonti, anche se ormai la parola d’ordine sembra diventata un’altra: fare come la Spagna, andare al più presto al voto anticipato.
Berlusconi si fa trovare in ritardo, senza una risposta. Oggi il Cavaliere tornerà a Roma, con un giorno d’anticipo, per partecipare a un vertice a Palazzo Grazioli per decidere che cosa fare. Il premier è tormentato dai dubbi, li ha confidati a un amico: «Vorrei andare in Parlamento, ma a dire cosa? Non possiamo promettere nulla. Eppoi, se ci vado, sembra che diamo ragione ai vari Bersani e Fini». Meglio tacere quindi, a costo di sembrare assente dalla scena. Inoltre, in un dibattito a Montecitorio o a Palazzo Madama, inevitabilmente l’attenzione sarebbe presa dal caso Tremonti e anche su questo fronte il Cavaliere non sa ancora che pesci prendere: sostituire il ministro dell’Economia o tenerselo al governo come un’anatra zoppa? Così, in sua assenza, qualcun altro prova a smuovere le acque. Sono di Maurizio Sacconi gli inviti alle parti sociali per un vertice a palazzo Chigi da tenersi a metà settimana. Tutti gli interlocutori gli hanno ovviamente risposto di sì, ma piazzando delle condizioni capestro che rischiano di tramutare l’incontro in un fallimento totale. La freddezza che ormai accoglie ogni iniziativa è totale, Berlusconi e i suoi pedalano sempre in salita, nello scetticismo assoluto dei protagonisti dell’economia reale. E se a palazzo Chigi qualcuno sogna addirittura un «nuovo patto» come quello del luglio del 1993, basta un giro di telefonate con i “convocati” a smorzare ogni entusiasmo. Intanto la Confindustria. Dopo le rampogne del quotidiano il Sole24ore su Tremonti, da viale dell’Astronomia si pretende che al tavolo sull’economia siedano anche i leader dell’opposizione. Insomma, o si tratta di uno sforzo di unità nazionale, oppure il vertice diventa inutile. La Cgil, va da sé, pone come condizione quella di mettere subito mano alla manovra «recessiva» appena approvata. Ma è forse dal mondo bancario che arriva lo stroncatura più forte: quegli stessi ambienti che avevano fatto da lievito al documento congiunto delle parti sociali in cui si chiedeva «un recupero di credibilità » e una «discontinuità », ora alzano il tiro.
Il problema infatti non è più la politica economica, ma lo stesso governo Berlusconi e, in primis, il ministro Giulio Tremonti. Il quale non avrebbe più «la forza politica per proporsi come garante della stabilità ». Le strade, a questo punto, sarebbero soltanto due. O la sua rapida sostituzione «con una personalità di caratura internazionale», difficile da trovare vista la situazione. Oppure la strada maestra delle elezioni anticipate in autunno, «come ha fatto la Spagna, con un gesto di chiarezza, che infatti è stato premiato dai mercati». Così parlano le banche, che si aspettano un rimbalzo positivo dalla notizia delle elezioni a Novembre decise da Zapatero. I vertici dell’Abi sarebbero persino tentati dall’idea di disertare la riunione a Palazzo Chigi.
Di fronte a questa levata di scudi, Berlusconi annaspa nell’indecisione. L’ultima idea è di tirare fuori dal cassetto un vasto piano di tagli ai costi della politica, anche per reagire all’iniziativa già presa da Napolitano (vissuta con fastidio dal premier, che l’ha trovata «demagogica»). L’idea sarebbe quella di andare a tagliare le province per via costituzionale, ma il Cavaliere teme in questo modo di andarsi a scontrare con la Lega. Intanto, mentre il premier sfoglia la margherita, Angelino Alfano inizia a muoversi in maniera autonoma. Nei giorni scorsi il segretario Pdl ha contattato riservatamente le parti sociali e sta lavorando a un suo calendario di incontri. Che comprenderà , ed è il segno dei tempi, anche la segretaria della Cgil Susanna Camusso.
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Liberiamoci dall’«ideologia del capo»
Caro direttore, l’editoriale di domenica di Ernesto Galli della Loggia («Una commedia italiana») ha avuto il merito di dire chiaramente una cosa apparentemente banale (molti, nell’attuale centro-destra, sono convinti che Berlusconi dovrebbe cedere la guida del governo, e nessuno, o quasi, lo dice pubblicamente): ma essa equivale a mettere il dito nella piaga più profonda che affligge il nostro sistema politico.