Donne, l’età  pensionabile salirà  dal 2015

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ROMA – Progressivo innalzamento dell’età  pensionabile delle donne a partire dal 2015-2016 (misura certa) e disincentivi per le pensioni di anzianità  (misura annunciata, ma non confermata). Questi i due punti su cui si è giocata la partita in Consiglio dei ministri, sul tavolo della previdenza. Trattenendo al lavoro il più a lungo possibile i lavoratori, sia autonomi che dipendenti, incluse le donne, lo Stato dovrebbe risparmiare, secondo Tremonti, un miliardo di euro solo nel 2012.
Per le donne lavoratrici del settore privato viene anticipato dal 2020 al 2015-2016 il progressivo innalzamento da 60 a 65 anni dell’età  pensionabile, con la definitiva entrata in vigore della norma nel 2027-2028. La norma ha visto la ferrea opposizione della Lega, che durante il Consiglio dei Ministri ha cercato di far slittare in avanti il più possibile l’inizio dell’operazione. Aveva già  bloccato l’ipotesi iniziale di avviare l’intervento già  dal 2012. La mediazione tra 2020 e 2012 ha portato allo spartiacque del 2015, ma ci sono ancora indecisioni sulla data, che potrebbe essere spostata al 2016.
Nel settore pubblico per le donne è già  previsto l’adeguamento dell’età  pensionabile a quella maschile, a 65 anni, già  a partire dal prossimo anno.
Per ciò che riguarda gli uomini, nella bozza della manovra anti-crisi si cercava di scoraggiare, senza bloccare, le pensioni di anzianità , con l’anticipo al 2012 del requisito della “quota 97” (dove 97 è la somma tra gli anni di contribuzione e l’età  anagrafica del lavoratore). In pratica un lavoratore dipendente dal prossimo anno sarebbe potuto andare in pensione con 61 anni di età  e 36 di contributi, nel 2013 con 62 anni di età  e 36 di contributi, fino ad arrivare al 2015, anno in cui si sarebbe approdati in pensione a 64 anni e 36 anni di contributi. Per ciò che riguarda i lavoratori autonomi vale lo stesso discorso ma si innalzerebbe di un anno l’età  pensionabile, partendo da “quota 98” e 62 anni di età . Sul punto del disincentivo alla pensione di anzianità , però, non ci sono certezze. Anzi: il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani – lasciando ieri sera Palazzo Chigi – ha escluso qualsiasi «decisione sulle pensioni di anzianità ».
Tra le cose certe sembra esserci invece il taglio della spesa nelle politiche assistenziali: nel testo del disegno di legge delega sulla riforma fiscale e assistenziale approvato il 29 luglio e approdato alla Camera in questi giorni, si dice che i 24 miliardi di euro da reperire nel 2013 e nel 2014 peseranno – di fatto – sulle spalle dei più deboli, perché verranno dai tagli agli assegni di accompagnamento erogati alle persone totalmente non autosufficienti, alle pensioni di invalidità  e a quelle di reversibilità .
Finora sul fronte previdenziale la manovra-bis sembra aver accolto i suggerimenti della Bce, ma i giochi non si sono ancora conclusi, finché non verrà  presentata nella sua versione definitiva.


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