Crollo in Borsa, le banche non si prestano più soldi

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MILANO – Scatta un nuovo allarme sui mercati finanziari. Al termine di una delle più turbolente settimana nelle Borse di tutto il mondo, gli operatori ora guardano con preoccupazione a un fenomeno che colpisce gli istituti di credito. La notizia è che il mercato interbancario europeo si sta assottigliando: le banche non si prestano più denaro. Conseguenza: preferiscono depositare i liquidi presso la Bce da cui attingono per le esigenze quotidiane.
Il segnale è preoccupante, perché la chiusura causa panico dell’interbancario, tre anni fa, ebbe un ruolo centrale nella crisi di liquidità  che costrinse Lehman a chiudere, e molte rivali a rischiare la stessa sorte e ricapitalizzare per miliardi. Il passo seguente fu la contrazione del credito mondiale che mise in ginocchio le aziende, cui le banche chiusero l’accesso al credito. A dare l’allarme è stata Royal Bank of Scotland in un’analisi di pochi giorni fa: «Le banche sono sempre più preoccupate dalla liquidità  del settore finanziario. Tra i principali istituti europei, Standard Chartered e Hsbc hanno i profili migliori, seguite da Santander e Bbva. Sul fronte opposto, le più vulnerabili ci sembrano Credit Agricole, Bankia, Unicredit, SocGen, Commerzbank e Intesa Sanpaolo».
Dall’interbancario gli istituti ricavano circa il 40% del fabbisogno di denaro, lo stesso che raccolgono con i depositi. Settimana scorsa il differenziale tra Libor (il principale tasso, variabile, a cui le banche si prestano soldi) e Ois (tasso fisso che riflette i saggi interbancari medi nel periodo del prestito) ha cominciato a correre. Venerdì 5 agosto era a 50 punti base, è salito oltre 70 punti base, per chiudere venerdì scorso a 67,6. Siamo sui massimi da due anni, lontano dai 20-30 punti base “normali”.
Negli ultimi giorni, mentre le banche francesi e italiane erano sotto scacco sui listini, l’Eurotower ha diffuso dati poco incoraggianti sul dare e avere con le banche del sistema. I prestiti overnight (giornalieri) concessi dalla Bce sono schizzati mercoledì scorso a 4 miliardi, il massimo da tre mesi, conferma del fatto che c’è fame di liquidità , anche pagandola il 2,25% (con sovrapprezzo sui tassi ufficiali dell’1,5%). Giovedì scorso si è tornati sui 150 milioni della vigilia, anche perché la banca centrale, con il meccanismo delle aste “a rubinetto”, da giorni irrora di flussi il sistema. Sempre per paura, alcune banche preferiscono ridepositare all’istituto centrale la liquidità : e pazienza se questa mossa frutta un misero aggio dell’0,75%.
«In realtà , l’interbancario è diventato in queste settimane ancora più liquido – dice Giuseppe Attanà , presidente di Assiom Forex e responsabile tesoreria di Intesa Sanpaolo – perché con le ultime operazioni a rubinetto la Bce ha immesso nel sistema una liquidità  in eccesso veramente elevata. Nessuna tensione si nota sulle scadenze brevi, sino a un mese, mentre scarsa risulta la liquidità  su scadenze più lunghe, oggi raramente negoziate tra le tesorerie bancarie».
A inizio agosto, presentando la semestrale, Intesa Sanpaolo ha puntato sulla provvista di liquidità , pari a 80 miliardi, che per l’ad Corrado Passera «potrebbe permetterci di non andare sui mercati all’ingrosso per due anni». Mentre sul mercato al minuto, dei risparmiatori, la maggiore banca italiana prepara l’emissione di tre bond bancari sui propri sportelli, per raccogliere altri 2 miliardi con scadenze 2, 4, 6 anni e rendimenti lordi del 4,2%, del 5% e del 5,4%.


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