Crisi finanziaria e America Latina: una agenda per la “disconnessione”

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Le strutture politiche ed economiche che da qualche anno si stanno mettendo in piedi per poter migliorare l’integrazione regionale ora possono essere davvero strategiche e mettere in salvo i paesi del continente sudamericano dal terremoto che sta facendo tremare i paesi cosiddetti “sviluppati”.

A dirlo non sono solo i diretti interessati, ma anche gli economisti della Banca Mondiale: “Le economie dell’America Latina sono ben preparate per affrontare una nuova crisi finanziaria mondiale”. Così ha dichiarato l’economista della Banca Mondiale, Augusto de la Torre, il quale ha anche sottolineato la forza che hanno acquistato le economie latinoamericane negli ultimi venti anni, che gli ha permesso di assorbire gli shock esterni senza mai collassare. “Negli ultimi venti anni una rivoluzione silenziosa e decisamente positiva in molti paesi dell’America Latina che ha reso il quadro di politica macroeconomica, monetaria, fiscale e finanziaria sostanzialmente migliorato” – ha affermato l’economista. Anche se non nasconde che se la crisi negli Stati Unite e in Europa dovesse arrivare a una nuova recessione, i paesi come Messico e quelli dell’area caraibica, cioè quelli maggiormente legati agli Stati Uniti, avranno le loro conseguenze negative.

Per evitare questo, secondo Raul Zibechi – scrittore e attivista esperto di movimenti sociali uruguayano – è importante lavorare a una vera e propria agenda per la disconnessione: “con 700 miliardi di dollari di riserve monetarie, oltre 400 milioni di abitanti, grandi riserve di idrocarburi, autonomia energetica, importanti giacimenti minerari, la più alta biodiversità  del pianeta, la regione sudamericana non ha alcun motivo per non staccarsi dalla crisi sistemica ed elaborare una propria agenda politica ed economica”.

Nelle ultime settimane, i ministri e presidenti della regione si sono trovati d’accordo sulla necessità  di stabilire misure di difesa per prevenire il contagio dalla crisi che colpisce il mondo occidentale. La presidente argentina Cristina Fernandez in occasione della sua ultima visita in Brasile ha dichiarato che “è necessario blindare la regione per non perdere ciò che abbiamo realizzato finora”. E i leader latinoamericani sembrano essere tutti d’accordo, anche quelli storicamente più legati al modello statunitense, come il presidente conservatore della Colombia, Juan Manuel Santos che all’ultimo incontro dell’Unasur tenutosi a Lima ha detto che “è fondamentale contrastare insieme gli effetti dannosi della crisi economica che stanno vivendo gli Stati Uniti e l’Europa, che possono mettere in pericolo i passi avanti fatti dalla nostra regione”.

Tutti i leader mostrano una consapevolezza generale della necessità  di agire al più presto. Per Oscar Ugarteche, economista e ricercatore dell’Università  autonoma del Messico (Unam), i paesi in crisi -che definisce come “paesi ricchi altamente indebitati” – sono entrati in un periodo di austerità  e di stagnazione, o di crescita lenta, incapaci di rilanciare l’economia globale. In più secondo l’economista, il rapporto centro-periferia si è rotto e ora si è nel mezzo di un processo di formazione di nuovi centri regionali, quelli che oggi chiamiamo i paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Tutto questo insieme alla crisi dell’egemonia statunitense e al consolidamento di un mondo multipolare mostra che l’occidente ha cessato di essere il centro mondiale e l’asse si sposta rapidamente verso altre zone.

La sfida più grande secondo Zibechi è che la regione latinoamericana non può pensare in funzione di ciò che accade nell’economia globale, ma in base alle proprie priorità , e la prima è quella di costruire una sua propria agenda: staccarsi dal mondo ricco e indebitato, e in modo particolare nel sistema finanziario internazionale e dalle multinazionali. “Sono loro che hanno bisogno di investire in America Latina, perché è la regione in cui fanno i profitti che non possono più fare nel mondo indebitato” – afferma l’attivista. È necessario quindi accelerare alcune misure come l’effettiva attuazione della Banca del Sud, reindirizzare il flusso di petrolio verso la stessa regione latinoamericana, abbandonare il dollaro e sostituirlo con una valuta regionale, e lavorare per un ulteriore rafforzamento del commercio sud-sud. L’auspicio di Zibechi è che la crisi mondiale sia l’occasione giusta per accelerare il processo che potrebbe portare a una ricostruzione della mappa del mondo capace di modificare gli equilibri mondiali in maniera più equa.

(* inviata di Unimondo)


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