Crisi del debito. La quiete prima della tempesta

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La quiete concessa lunedì scorso dall’intervento della Banca centrale europea è durata ben poco. La giornata di panico vissuta il 10 agosto dalle borse di tutto il mondo non ha precedenti dall’inizio della crisi finanziaria nel 2008.

La minaccia che il debito francese possa essere il prossimo obiettivo degli speculatori di sicuro non è servita a placare i mercati. Vedere il presidente francese Nicolas Sarkozy interrompere le sue vacanze per affrontare la crisi è più che sufficiente a dare un’idea della gravità  della situazione. Nemmeno le dichiarazioni benevole delle agenzie di rating sono riuscite a riportare la calma in borsa.

Probabilmente Sarkozy non sarà  l’ultimo leader a dover anticipare il rientro dalle vacanze. È evidente che il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, farebbe bene a tornare al più presto a Bruxelles per farsi carico della situazione ormai fuori controllo. E lo stesso dovrebbe fare José Luis Zapatero, perché la disastrosa congiuntura minaccia di avere effetti devastanti per l’economia e il sistema finanziario della Spagna, per non parlare dell’ulteriore impoverimento delle famiglie che incombe.

Integrazione economica completa o morte dell’euro

Ormai, non vi è alcun dubbio che il summit dello scorso 21 luglio, convocato per evitare il contagio della Spagna da parte dei paesi finanziariamente in ginocchio e già  coinvolti nei piani di salvataggio, non ha sortito gli esiti sperati. La Banca centrale europea è dovuta correre in aiuto di Italia e Spagna, rispettivamente terza e quarta economia dell’eurozona. La Francia, seconda potenza economica di Eurolandia, è ormai sotto osservazione.

La Germania potrà  davvero continuare a ignorare quanto sta accadendo, dall’alto della sua posizione privilegiata? Fino a oggi, Merkel ha accettato con reticenza la corrente maggioritaria del Consiglio europeo che ha sostenuto le operazioni di salvataggio, le quali, nel caso più grave, quello della Grecia, non sono tra l’altro servite a nulla. Per questo motivo, i nemici della cancelliera sul fronte interno si sono rafforzati, e ora minacciano seriamente la stabilità  politica del governo tedesco.

Tutto lascia pensare che si stia avvicinando il momento in cui resteranno soltanto due alternative: un’integrazione economica completa che abbracci i paesi dell’eurozona – soluzione rifiutata da molti economisti tedeschi – o la fine della moneta unica, che rappresenterebbe una condanna a morte per il progetto europeo. Fino a questo momento, Merkel non ha ripudiato il sostegno convinto al compromesso europeista, ma è anche vero che in passato la cancelliera è stata capace di cambiare radicalmente opinione, vedi sull’energia nucleare. L’Europa, ancora una volta, dipende da cosa deciderà  la Germania. (Traduzione di Andrea Sparacino)


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