Così tra castelli, rifugi e bistrot i nuovi mecenati ospitano gli scrittori

by Sergio Segio | 5 Agosto 2011 6:35

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Londra. Castelli, antichi rifugi ma anche caffè o università . Qui i nuovi mecenati invitano gli scrittori e gli offrono “una residenza” d’artista. Cioè uno spazio per creare in cambio di un possibile capolavoro. Ma i luoghi prescelti sono sempre più curiosi. I passeggeri in partenza in questi giorni dall’aeroporto di Heathrow potrebbero imbattersi in un singolare individuo che, armato di penna e taccuino, si aggira senza meta tra i corridoi del Terminal 5. Di più: a loro insaputa potrebbero diventare i protagonisti del suo prossimo libro. Tony Parsons è infatti il nuovo “writer in residence” o “scrittore residente” dell’aeroporto londinese: come due anni fa il filosofo Alain de Botton, l’autore di Uomo con bambino vivrà  per una settimana nello scalo, incontrerà  piloti o si limiterà  a osservare i passanti alla ricerca di spunti per la sua prossima raccolta di racconti. Cinquemila copie verranno distribuite gratuitamente ai passeggeri di Heathrow dallo sponsor dell’iniziativa, l’Authority aeroportuale britannica (Baa).
D’altra parte le origini della tradizione si perdono nell’antichità : alle porte di Roma ci sono le rovine del possedimento in Sabina che Gaio Clinio Mecenate, primo tra i “patrocinatori degli artisti”, donò al poeta Orazio. Aedi e teatranti hanno sempre fatto parte della corte di re e principi. Ma oggi sono gli scrittori a essere i più ricercati da “mecenati” sempre più singolari: zoo, hotel, servizi segreti, centri commerciali, reti ferroviarie, chiese e cattedrali, prigioni e club di calcio. Per restare nei confini della Gran Bretagna.
Gli scrittori in residenza non sono però prerogativa inglese. Solo qualche mese fa nella capitale francese, in occasione del festival “Paris en toutes lettres”, l’autore di Eureka Street Robert McLiam Wilson ha scelto come suo ritiro il café “Le duc d’Enghien”. Per lui nativo di Belfast, i bistrot parigini hanno sempre avuto «qualcosa di particolare, di più lento che all’estero, di meno violento ma anche di più deprimente» tanto da farne un’ottima fonte d’ispirazione.
Altri Paesi offrono agli scrittori dei veri e propri “ritiri”: l’Olanda la “Residenza per scrittori” nel centro di Amsterdam, gli Stati Uniti numerose opzioni – da storiche dimore a Università  – spesso patrocinate dalla Fondazione Guggenheim o dal Programma Fulbright. Anche in Italia non mancano le residenze per artisti, come la Fondazione Santa Maddalena: rifugio toscano del romanziere Gregor von Rezzori, è stato trasformato alla sua morte dalla moglie Beatrice Monti della Corte in un ritiro che negli anni ha accolto autori come Zadie Smith o Michael Cunningham.
Sono poi numerosissime le Università , in Europa e Oltreoceano, a offrire ospitalità  a scrittori in cambio di qualche lezione o vero e proprio corso. Il collegio di Yale ospita ogni anno accademico un autore di saggistica, nominato “Francis writer-in-residence”, titolo che quest’anno spetta all’autrice di Ex libris Anne Fadiman. Nel 2009 la scrittrice americana Susanna Moore, autrice di In the cut, diventato anche un successo cinematografico, ha vissuto per tre mesi nell’Università  di Adelaide e, tra una lezione e l’altra di scrittura creativa, ha studiato gli scritti di Daisy Bates, controversa antropologa morta nella città  australiana nel 1951. «La sua personalità  era molto complessa: era una bugiarda, una mitomane, una terribile madre, una bigama. Mi interessano due storie: la storia di Daisy Bates in sé e l’idea che qualcuno non propriamente buono possa aver fatto cose buone», disse la Moore due anni fa. E forse presto leggeremo il libro nato dalle sue ricerche.

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