Consumi e lavoro, l’ottimismo dei numeri Usa
NEW YORK — Corri consumatore americano, corri. L’economia americana ha subito trasformazioni epocali, i mercati evolvono alla velocità della luce, gli Usa stanno perdendo il loro scettro, ma alla fine, tra l’Italia con le spalle al muro e la valanga del debito federale, i «broker» finiscono per attaccarsi alla solita, vecchia speranza: i dati dell’occupazione e del livello dei salari di luglio sono migliori del previsto e, combinati con la forte flessione del greggio che farà presto calare il prezzo della benzina, alimentano la speranza che presto la gente abbia in tasca un po’ più di soldi da spendere.
Magra consolazione, considerando che il mese scorso i consumi delle famiglie sono, in realtà , calati per la prima volta da 18 mesi a questa parte. E infatti, dopo il crollo di giovedì, ieri la Borsa di New York ha vissuto una giornata sull’ «ottovolante» come non si vedeva da anni: prima un’impennata (più 100 punti dell’indice Dow), poi giù a precipizio per nuovi timori sul fronte europeo (meno 250). Infine un recupero fulmineo a più 150. In chiusura l’aumento è stato di 60 punti (+0,5%) dopo essere passati per oscillazioni di oltre 400 punti dell’indice-guida dello Stock Exchange. Reazioni— tra la speranza e il nervosismo— alla nuova sortita di Berlusconi, a un’apparente, maggior propensione della Bce a comprare titoli del debito pubblico italiano, ma anche all’aumento degli occupati comunicato ieri mattina, Un dato (+117 mila addetti) che, in sé, non basta nemmeno a compensare il numero dei giovani che entrano nel mercato del lavoro: i circa 14 milioni di disoccupati americani sono ancora tutti lì. Il tasso di disoccupazione è calato (dal 9,2 al 9,1%) solo perché molti americani, scoraggiati, hanno smesso di cercare lavoro.
Ma dopo due settimane estremamente depresse e, soprattutto, dopo un giovedì di panico mondiale con Wall Street che ha subito la perdita più rilevante dalla fine del 2008 (meno 513 punti dell’indice Dow Jones), gli operatori avevano un disperato bisogno di aggrapparsi a qualche dato che consentisse di arginare, almeno per un giorno, il pessimismo dilagante.
I dati del Labor Department Usa hanno aiutato in apertura, mentre a fine giornata sono state soprattutto le speranze di un intervento Bce a rendere il clima meno cupo. In ogni caso la chiusura di Wall Street ha consentito di recuperare solo poco più di un decimo di quanto era stato perduto giovedì. Nulla da festeggiare, insomma, ma abbastanza per tirare un sospiro di sollievo: alla vigilia c’era chi temeva un venerdì di ulteriori crolli in un mercato ormai senza rete. Sospiro di sollievo anche per Barack Obama che, nella settimana in cui è riuscito a evitare il «default» del debito federale, ma ha dovuto incassare una raffica di dati negativi (Pil, produzione industriale, mercato immobiliare, consumi interni), chiude su una nota meno negativa.
Così lo stesso presidente ha voluto sottolineare che — anche se 117 mila posti in più non sono un numero da fuochi d’artificio — è tuttavia significativo che, coi governi locali a rischio bancarotta costretti a eliminare 39 mila addetti, il settore privato sia riuscito a creare 154 mila posti in più: il dato migliore dall’aprile scorso. Obama, che ha lanciato un piano per dare lavoro ai veterani (tra coloro che hanno lasciato la divisa nel «dopo-11 settembre» il tasso di disoccupazione è del 13-14%, superiore del 50%al resto degli americani), ieri ha anche promesso che, alla ripresa autunnale, tornerà a insistere su tre misure: un’estensione degli sgravi sui contributi sociali pagati dai datori di lavoro per i loro dipendenti; l’estensione dei sussidi di disoccupazione che scadono a fine anno; la creazione di una banca delle infrastrutture per finanziarie le opere pubbliche. Misure che, anche se verranno approvate dal Congresso, avranno un impatto molto limitato rispetto al problema di un’economia che si è fermata e rischia di scivolare in una nuova recessione. Ma, nonostante le richieste degli economisti «liberal» , un nuovo, massiccio ricorso agli stimoli fiscali da parte di Obama non è più possibile per le ristrettezze di bilancio, né praticabile politicamente per l’assoluta chiusura del fronte conservatore.
Pur nella sua connotazione ideologica, l’editoriale del Wall Street Journal di ieri («I keynesiani hanno finito le munizioni ed ecco cosa ci hanno lasciato» ) rende bene il clima prevalente. Niente stimoli reali ma, cono ogni probabilità , nulla anche dal lato della politica monetaria. Martedì la Fed tiene la sua ultima riunione prima della pausa estiva e non sembra orientata a varare nuovi interventi di allargamento della liquidità .
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Afghanistan: la ricostruzione del sistema educativo afghano
Foto: Luciolepress.com
KABUL – Con un buon 75 per cento di popolazione che vive in aree rurali e un 50 per cento al di sotto dei 18 anni, l’Afghanistan è uno dei paesi con il più alto numero di bambini in età scolare di tutto il mondo. E anche uno dei paesi più poveri e meno istruiti. Nonostante l’aumento di giovani studenti, soprattutto bambine, almeno il 50 per cento degli adolescenti afghani sono ancora esclusi dal sistema scolastico. Guerra civile prima e guerra al terrorismo poi, hanno contribuito a lasciare il paese indietro di anni. Se nelle aree urbane il rapporto di iscritti maschi-femmine è in sostanziale parità, nelle aree rurali la media delle iscrizioni è solo del 27 per cento per le ragazze e 44 per i ragazzi. Molti, poi, rinunciano ai loro studi perché già troppo avanti con gli anni.