Comuni, premi anti evasori in tre Mesi 15 mila denunce
MILANO — Uno sport nazionale. L’aveva definita così l’evasione fiscale nel nostro Paese, l’«Herald Tribune». Non a torto: l’evasione sottrae ogni anno circa 120 miliardi di euro all’economia italiana. «Un fenomeno rilevante — ha detto ieri Ignazio Visco, vicedirettore della Banca d’Italia — quantificato nelle statistiche ufficiali in quasi un quinto del prodotto interno lordo». Un bacino bello ampio da cui potrebbero arrivare anche i fondi per gli enti locali.
Gli enti locali
L’ultima novità sulla manovra, dopo il vertice di Arcore, è infatti che i sindaci potrebbero riscuotere il 100% del gettito derivante dal recupero dell’evasione. O meglio, tutto ciò che sarà recuperato dall’Agenzia delle Entrate grazie alle segnalazioni dei Comuni, tornerà ai Comuni. Un’operazione che amplia quell’alleanza tra Fisco e amministrazioni comunali che all’inizio prevedeva una percentuale di ritorno (per gli enti locali) del 30%. Salita poi al 33%, fino a raggiungere, ad aprile di quest’anno con il decreto sul federalismo, il tetto del 50%. L’asticella a questo punto si alzerebbe ancora e potrebbe arrivare fino al 100% (alcune ipotesi in tarda serata parlavano del 60%). Niente male. Basti pensare che grazie a questa collaborazione, nel primo trimestre del 2011 sono arrivate agli 007 del Fisco (secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate) circa 15 mila segnalazioni con 21,5 milioni di maggiori imposte accertate. Che ora finirebbero dritte dritte nelle casse comunali. Considerati i numeri che ruotano attorno all’evasione, per i Comuni sarebbe una bella boccata di ossigeno.
I numeri sull’evasione
Perché nonostante il costante impegno dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, il fenomeno dell’evasione continua a fare «fedeli sostenitori». Abbiamo un tasso medio di evasione Irpef (stimato sull’intera popolazione, fonte: Zizza-Marino) al 13,5 per cento del reddito. In media ogni contribuente non denuncia al Fisco 2.093 euro. E nel 2011? Oltre 23 miliardi di euro i redditi non dichiarati (e individuati dalla Gdf) nei primi cinque mesi dell’anno con IVA evasa per 5,5 miliardi di euro (+64% sul corrispondente periodo del 2010). Ma non solo. Nello stesso periodo le Fiamme Gialle hanno denunciato nelle indagini su frodi e reati fiscali, 5.360 soggetti, il 13% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Principalmente per aver utilizzato (1.524) o emesso (826) fatture false o per non aver versato l’Iva (241). Con sequestri, ai responsabili dei reati fiscali, per 542 milioni di euro, valore dieci volte superiore a quello del corrispondente periodo del 2010. E poi c’è il fronte dell’ evasione internazionale. Da gennaio a maggio, sono stati scoperti redditi non denunciati per circa sette miliardi di euro, superiori del 47% rispetto a quelli dello scorso anno. Idem per le imprese e lavoratori autonomi completamente sconosciuti al Fisco perché non hanno presentato le dichiarazioni annuali («sommerso d’azienda»): evasi oltre undici miliardi, pari al 42% in più rispetto al 2010. Al danno si aggiunge la beffa se si pensa che a rimetterci di più, in questo contesto di illegalità , sono quelli che le tasse le pagano eccome. Dipendenti e pensionati subiscono un prelievo medio di circa il 52% del proprio reddito.
I trucchetti antitasse
Scontrini, Iva, affitti in nero, lavoro sommerso. Sono tanti i metodi utilizzati per pagare meno tasse, e agli italiani, si sa, la fantasia non manca. Eppure metà dell’evasione fiscale totale, è realizzata sull’Iva. Si tratterebbe di circa 60 miliardi di euro l’anno a cui si aggiungo altri 60 sulle imposte sui redditi, i contributi e tributi minori. Tutte stime ufficiose, ma è proprio qui che, di solito, si concentra l’attenzione del Fisco e della Guardia di Finanza. Dagli scontrini alle fatture non rilasciate, dai costi gonfiati attraverso fatture false fino allo scarico dell’Iva su spese che non c’entrano nulla con la propria attività . E poi ci sono gli strumenti di elusione più complicati, le frodi carosello, le residenze all’estero fittizie, i paradisi fiscali. Molti gruppi italiani si strutturano con apposite entità all’estero, compresi quelli per i quali non è previsto lo scambio di informazioni. Fenomeni che hanno spinto l’amministrazione finanziaria italiana a definire percorsi di indagine di carattere internazionale e a dotarsi di molteplici strumenti di «intelligence». In questo caso gli 007 verificano il rispetto della normativa insieme alle diverse amministrazioni fiscali estere ed eseguono controlli multilaterali.
La stretta sulle società di comodo
E poi ci sono le società di comodo contro le quali il governo ha annunciato battaglia attraverso un emendamento alla manovra. Società dette «senza impresa» o «schermate», costituite per scopi meramente elusivi. «Questi soggetti — precisano dalle Entrate — si considerano, salvo prova contraria, non operativi se conseguono un ammontare complessivo di ricavi inferiore a un importo forfetario. Che viene determinato in misura percentuale sul valore di alcune attività patrimoniali risultanti dal bilancio ovvero, per i soggetti non obbligati alla sua redazione, dalle scritture contabili. Il raffronto, per determinare l’operatività , tra i ricavi effettivamente conseguiti e quelli presunti, avviene sulla base di regole precise». Detto in parole semplici, se una società ha un patrimonio di una certa entità , deve produrre un reddito equo, stabilito con delle vere e proprie percentuali a seconda dei casi. Se così non succede, scatta l’accertamento.
I finti poveri
La stessa identica regola vale per tutti gli altri contribuenti e non solo per le società : barche, auto di lusso, ma anche crociere, scuole private con rette astronomiche, circoli sportivi vip. Sono tutti indicatori che ormai i funzionari del Fisco utilizzano per stanare chi, le tasse, non le paga. O le paga poco. Attilio Befera, direttore dell’Agenzia, in passato su questo argomento è stato chiaro: «Gli strumenti ormai li abbiamo, dobbiamo solo lavorare. Con un rafforzamento dei controlli è possibile sconfiggere in dieci anni l’evasione fiscale». L’aiuto delle amministrazioni locali può essere senz’altro utile e i Comuni lo sanno bene: 540 quelli che fino ad oggi hanno firmato una convenzione con l’Agenzia delle Entrate, per stabilire una collaborazione diretta nella lotta all’evasione e stanare i finti poveri. Un numero destinato ad aumentare, soprattutto se l’ipotesi del tetto del 100% sarà confermata. «Bisogna vedere come ci viene data la possibilità di svolgere questa attività » ha subito precisato ieri il presidente dell’Anci Osvaldo Napoli. Senza contare che per avere le risorse disponibili, ci vorrà del tempo. «È un fatto positivo — ha aggiunto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno — ma non basta: serve l’azzeramento dei tagli ai Comuni».
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