Compromesso sul debito Usa Maxitagli per 2.500 miliardi

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WASHINGTON -Adesso è praticamente certo che gli Usa eviteranno il rischio di fare “default”sul loro debito: Ieri sera la Camera ha espresso un voto sofferto ma netto -269 sì, 161 no -a favore del compromesso sui tagli di spesa e l’aumento del tetto dell’indebitamento federale. A questo punto il “sì”del Senato -che voterà  oggi a mezzogiorno e nel quale ci sono meno tensioni -dovrebbe essere scontato. Il provvedimento verrà  firmato in serata, prima della scadenza della mezzanotte di oggi, dal presidente Obama. Il mondo si è risparmiato uno “choc”finanziario drammatico. Il presidente Usa ha anche salvato la sua festa di compleanno.
Obama compie 50 anni dopodomani, ma aveva sospeso il viaggio celebrativo che aveva programmato nella sua Chicago. Che è stato, invece, rimesso in calendario dalla Casa Bianca proprio ieri sera: feste con gli amici e anche due cene di finanziamento della sua campagna elettorale.
 “Le elezioni hanno conseguenze: siamo stati costretti a decidere con la pistola dei repubblicani puntata alla tempia”: la tesissima giornata di ieri era iniziata col brutale discorso ai deputati democratici, il suo partito, fatto dal vicepresidente Joe Biden, arrivato in Congresso proprio per cercare di aiutare i leader tanto della sinistra quanto della destra a raccogliere i voti necessari per far passare la controversa legge. Il compromesso, negoziato nel fine settimana e annunciato domenica notte dalla casa Bianca, ha lasciato, infatti, quasi tutti scontenti.
Una giornata dominata da dubbi, malessere, a volte anche rabbia, si è conclusa, comunque, con un applauso liberatorio: per l’approvazione di una legge che, per quanto inadeguata, evita l’incubo di un disastro finanziario, ma soprattutto per l’inattesa apparizione di Gabrielle Giffords, la parlamentare democratica dell’Arizona ferita alla testa in un attentato del gennaio scorso che proprio ieri è tornata per la prima volta alla Camera per partecipare a questa votazione storica. In ogni caso il provvedimento, bocciato da 65 dei 240 deputati repubblicani e da metà  dei parlamentari democratici non piace alla destra radicale che voleva tagli molto maggiori e considera quelli impostati poco più di una misura cosmetica. E non piace alla sinistra, costretta a inghiottire un'”austerity”che verrà  pagata soprattutto dai ceti medi che già  soffrono (meno scuola e spesa sociale), mentre nulla viene chiesto ai più ricchi. Il patto, che aumenta di 2100 miliardi di dollari il tetto del debito federali, prevede, infatti anche 2400 miliardi di tagli di spesa senza alcun aumento delle entrate.
 In una prima fare partirà  una prima “tranche”di riduzioni di spesa: 900 miliardi in 10 anni. 350 verranno dal settore militare, 390 dalle spese discrezionali, 156 dal risparmio sui tassi d’interesse pagati dal Tesoro. La seconda fase e affidata a una supercommissione che entro il prossimo 23 novembre dovrà  definire altri tagli per 1500 miliardi. Se non riuscirà  a trovare l’accordo partiranno tagli automatici divisi a metà  tra spesa militare e non escludendo, per ora, pensioni e sanità .
 Lindsey Graham, senatore repubblicano del South Carolina, un pragmatico per molti anni vicinissimo a John McCain, ha fatto notare ieri che la manovra appena definita, apparentemente colossale, in realtà  intacca appena il problema: “Anche coi tagli di tremila miliardi che sono stati previsti, il debito pubblico americano nei prossimi dieci anni crescerà  di altri settemila miliardi. Non abbiamo ancora risolto nulla”. E il senatore democratico della Virginia Mark Warner, uno dei parlamentari più apprezzati sui due fronti per equilibrio e saggezza, nota che il problema non è solo di quantità  ma anche di qualità . “I nodi cruciali, per rivedere davvero la spesa, sono quelli della riforma tributaria e della revisione del sistema delle protezioni sociali, dalla previdenza alla sanità . Ma questi problemi sono stati aggirati tanto dai democratici quanto dai repubblicani”.


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