by Sergio Segio | 30 Agosto 2011 6:49
ROMA.Tra una settimana esatta lo sciopero della Cgil: l’atmosfera si surriscalda e salta sempre di più lo spirito unitario che aveva portato le parti sociali a firmare l’accordo del 28 giugno, oggi accoppato dall’articolo 8 della manovra che stravolgendolo lo ha reso «carta straccia». Ieri la segretaria della Cgil Susanna Camusso ha attaccato frontalmente la leader dei confindustriali, Emma Marcegaglia, personaggio con cui finora era riuscita a conservare, nonostante le circostanze, un difficilissimo equilibrio: «Trovo sorprendente – ha detto in un’intervista all’Unità – l’affermazione di Marcegaglia secondo cui l’articolo 8 sarebbe congruo con l’accordo del 28 giugno. Abbiamo speso un mese per costruire un’opinione condivisa sull’autonomia della rappresentanza sociale, poi il governo interferisce e Confindustria, invece di opporsi, si adegua al suo diktat».
«O le imprese mettono rapidamente riparo a questo strappo che viola l’accordo del 28 giugno – ha ripreso Susanna Camusso – oppure la Cgil aprirà vertenze azienda per azienda affinché sia rispettato l’equilibrio tra contratto nazionale e secondo livello. Non siamo noi a rompere l’accordo, sono altri che lo stanno violando e che vogliono tornare al 2009, con l’esclusione della Cgil».
Oggi, nel corso di una conferenza stampa, Camusso fornirà i dettagli organizzativi dello sciopero: si prevedono manifestazioni in «cento città » (le otto ore proclamate, infatti, sono territoriali), con una particolare attenzione al rapporto con i Comuni; ieri infatti dal sindacato sono arrivate dichiarazioni di solidarietà ai sindaci in piazza contro i tagli imposti dalla manovra. Secondo la Cgil, invece che tagliare, si deve riqualificare: per conservare non solo il welfare, ma anche l’occupazione legata ai servizi locali; la segretaria ha ribadito il suo no alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, preferendo piuttosto che vengano accorpati dove ci sono sprechi e un uso irrazionale delle risorse, e sottolineando che – ove ci siano guadagni – è fondamentale che essi vengano reinvestiti nel pubblico e per rispondere agli interessi delle comunità .
«Siamo al fianco dei sindaci, riteniamo la loro protesta giusta, e ha fatto bene l’Anci a scendere in piazza – dice Rossana Dettori, segretaria dei lavoratori pubblici Fp Cgil – I tagli previsti dalla manovra, qualora restassero immutati causerebbero un tracollo degli enti locali. In un Paese con bassi salari, sostituire il cosiddetto contributo di solidarietà con l’aumento dell’Iva – continua Dettori – significa far pagare il peso della manovra ai soliti noti, gli stessi pesantemente colpiti dall’infedeltà fiscale degli evasori e dal taglio della spesa sociale, gli stessi che pagano sempre e comunque le tasse: giovani, famiglie, lavoro dipendente, pensionati. La manovra, qualora non subisse cambiamenti profondi, deprimerà i consumi, ridurrà i servizi e aumenterà la tassazione, colpendo contemporaneamente potere d’acquisto e tutele sociali».
Contro l’aumento dell’Iva, ieri sera in discussione fino a tarda sera tra Berlusconi, Bossi e Tremonti al vertice di Arcore, si è espressa anche la Cisl, con Raffaele Bonanni, che ha minacciato mobilitazioni: «Se il governo corregge la manovra aumentando l’Iva, entra in collisione con la Cisl e credo anche con la Uil», ha detto il segretario della Cisl al Corriere della sera. Per Bonanni «l’aumento dell’Iva andava fatto nell’ambito della riforma del fisco, per spostare il prelievo dalle persone alle cose, cioè in cambio dell’alleggerimento dell’Irpef su dipendenti e sui pensionati». La soluzione per reperire risorse, secondo Bonanni starebbe in «un prelievo sui grandi patrimoni mobiliari e immobiliari, fatta salva la prima casa»; «oggi si può applicare il redditometro a tutti – ha aggiunto il capo dei cislini – e le ganasce fiscali andrebbero strette». «Lo sciopero della Cgil – dice infine Bonanni – si tradurrà in un danno per le buste paga dei lavoratori che vi aderiranno. Noi invece stiamo pensando a una manifestazione il primo settembre, forse anche con l’Ugl davanti al Senato, e poi manifestazioni territoriali alla sera o al sabato».
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