Cgil, il 6 settembre lo sciopero generale
ROMA – Non aspetta i tempi della discussione parlamentare, la Cgil. Lo sciopero generale «contro e per cambiare la manovra iniqua del governo» è indetto per martedì 6 settembre. Il segretario generale Susanna Camusso illustrerà le sue proposte stamattina davanti al Senato. Nel pomeriggio, insieme alle altre parti sociali, ascolterà invece le modifiche chieste dal Pd.
Pier Luigi Bersani ha presentato la sua contro-manovra prima della decisione di Corso d’Italia. Non commenta quindi, ma nel Pd parla Francesco Boccia: «Non sta a noi giudicare le ragioni di uno sciopero generale perché quando parliamo di autonomia del sindacato dalla politica e dei partiti dal sindacato intendiamo dimostrare che non c’è alcun condizionamento nelle scelte».
Il Pd si concentra sul ruolo propositivo e responsabile richiesto dal Colle, Pier Luigi Bersani però non risparmia qualche stoccata alla maggioranza: «Non siamo noi l’armata Brancaleone, sono i partiti con un padrone che vanno nel caos». Il segretario democratico è convinto che il governo continui a mentire al Paese. E che l’opinione pubblica non abbia ancora capito quanto sia indigeribile la torta a strati fatta di tre decreti differenti: quello del 2010, quello di aprile e l’ultimo del 13 agosto. «Si guarda l’albero e non si vede la foresta», usa una delle sue metafore. Poi fa un po’ di conti: l’insieme degli interventi nel 2014 porterà a 55 miliardi di minore impatto sulla spesa pubblica. Per il pareggio di bilancio ne bastano 40. A cosa servono gli altri 15? Cosa nasconde Tremonti?
Quello dei democratici è un piano in dieci punti che tiene i saldi richiesti dall’Europa ma rovescia l’impianto del governo. Nessun contributo di solidarietà , al suo posto una tassa straordinaria del 15 per cento sui capitali all’estero rientrati con lo scudo fiscale e una ordinaria sui grandi patrimoni immobiliari. Tracciabilità per i pagamenti sopra i mille euro, a fini anti-riciclaggio, e sopra i trecento, contro l’evasione. Soppressione della parte della manovra sui contratti di lavoro, quella che consentirebbe surrettiziamente il superamento dell’articolo 18. «Piuttosto – suggerisce il leader Pd – si trasformi in legge l’accordo siglato dalle parti sociali il 28 giugno». Dimezzamento dei parlamentari, obbligo di fondere i servizi dei comuni sotto i 5mila abitanti al posto dell’accorpamento amministrativo di quelli sotto i mille. Liberalizzazioni per banche, farmacie, Rc auto, servizi pubblici locali. E infine, il ritorno del reato di falso in bilancio.
Quanto a Ici e Ires della Chiesa, dopo aver invitato tutti a farsi un giro per vedere come lavorano le Caritas, Bersani apre ai distinguo: devono essere esentate tutte quelle attività che corrispondono alla missione cattolica, ma non gli esercizi puramente commerciali.
Poi risponde a Montezemolo, che dopo aver accusato il Pd di non fare proposte ed essersi sentito rispondere che deve decidere da che parte sta, ha rincarato: «Tanti cittadini aspettano di sapere dove sta il Pd». «Chi vuole solo farsi largo bombardando a destra e sinistra non è utile al Paese» – ribatte Bersani – «Non vede le proposte? Gliele spieghiamo. Ma non si aspetti da noi un ventre molle, siamo anche di combattimento, soprattutto quando non si dice la verità ».
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