Categorie in rivolta «Contro la manovra dobbiamo reagire»

by Sergio Segio | 14 Agosto 2011 7:36

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«Il sindacato si deve ribellare a questa pesante macelleria sociale perchè i sacrifici ancora una volta sono destinati solo a pensionati, lavoratori, donne e giovani nonchè alle famiglie e alle persone più bisognose», afferma Carla Cantone, segretaria dei pensionati Cgil. «Occorre reagire immediatamente contro una manovra che colpisce che colpisce solo lavoratori e pensionati e non chiede nulla ai ceti più ricchi», aggiunge Mimmo Pantaleo, segretario della Flc.
Quello che il decreto prevede in materia di lavoro è infatti «una vera operazione fascista e antidemocratica, che cancella 100 anni di storia del sindacato confederale e del movimento dei lavoratori». Gianni Rinaldini – coordinatore della minoranza congressuale – soppesa con più cura del solito le parole, non vuole far prevalere la polemica interna sulla necessità  di una risposta, «la più ampia possibile, immediata, adeguata», a un dispositivo che significa di fatto «la cancellazione del contratto nazionale, sostituito da contratti aziendali o di territorio che possono derogare su tutto, comprese le leggi esistenti». A partire da quell’art. 18 che subordina la possibilità  di licenziamento a una «giusta causa» verificabile da un giudice, messo a protezione dei lavoratori dai ricatti aziendali. Proprio quello che – «con il recepimento per legge dell’accordo Fiat», chiesto espressamente da Confindustria nell’incontro con il governo – il governo vuole ora generalizzare «in una situazione di crisi», che indebolisce già  da sola la posizione del lavoratore. Un ritorno alla preistoria delle relazioni industriali, quando al lavoro era «negata anche la dignità », a «un modello sindacale che dice: o accettate le mie condizioni o siete tutti licenziati». Non è retorica. «Viene stracciato il significato stesso della Costituzione del nostro paese», costruita sull’«equilibrio di valori politici e di valori sociali universali». Quelli sociali, nel decreto, «diventano valori variabili da azienda ad azienda, dipendenti dalle scelte di ogni singola impresa».
Per la Cgil, soprattutto per Susanna Camusso, il segretario generale che ha fortemente voluto il ritorno di questo sindacato «ai tavoli di contrattazione», fino al clamoroso accordo del 28 giugno scorso, si tratta di una mazzata in pieno volto. Il decreto – che pure Sacconi in qualche modo cerca di collegare a quell’accordo «tra parti sociali» – lo svuota completamente di significato. Creando una situazione paradossale in Cgil, dove si sta procedendo alla consultazione degli iscritti (ma per la Fiom e la minoranza anche tra tutti i lavoratori) per validare o meno un accordo già  morto e sepolto. «Non possiamo prendere in giro la gente – sintetizza ancora Rinaldini – va ritirata la firma della Cgil e bisogna convocare immediatamente gli organismi dirigenti, perché un’operazione di questa portata non può arrivare alla discussione parlamentare senza che la Cgil promuova la più ampia mobilitazione». Una risposta «non solo sindacale», perché tra «pubblico impiego, servizi, privatizzazioni e tagli al welfare» la dimensione della resistenza non può che essere «politica generale». A memoria di militante, «non si è mai vista una situazione del genere e non credo che la Cgil possa superarla senza una risposta adeguata». Che ovviamente sotterri rapidamente la «strategia» seguita fin qui e che «ha spianato la strada» all’attacco del governo.

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