Casa, Scajola indagato per finanziamento illecito

by Sergio Segio | 30 Agosto 2011 6:38

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ROMA — Finanziamento illecito ai partiti. In qualità  di parlamentare e ministro Claudio Scajola (Pdl) non poteva accettare alcuna somma da privati senza violare la legge. Eppure i 900 mila euro per l’acquisto dell’appartamento di 180 metri quadri nella prestigiosa via del Fagutale, di fronte al Colosseo, furono versati da un privato.
Vale a dire quel Diego Anemone che, all’epoca — siamo nel 2004, Scajola è titolare del ministero per l’Attuazione del programma di governo — stava facendo incetta di appalti per i Grandi Eventi. Appalti i cui costi lievitavano ad arte e, per ottenere i quali, l’imprenditore era pronto a beneficare una volta un ministro (nel suo elenco anche Pietro Lunardi) un’altra un prelato. In questo caso l’acquisto dell’immobile sarebbe avvenuto, secondo i riscontri degli investigatori, grazie a ottanta assegni circolari da 12.500 euro ciascuno del costruttore.
La conclusione dell’inchiesta che il procuratore aggiunto Alberto Caperna ha ereditato dai colleghi della procura di Perugia nel maggio scorso, arriva dopo un supplemento di indagine delegato alla Guardia di Finanza e ai Ros.
A quanto pare una semplice verifica sui versamenti effettuati nei confronti di Beatrice e Barbara Papa, per le quali l’appartamento al Colosseo era ormai più un peso che un privilegio. «Stiamo parlando di un mezzanino senza neppure il balcone, che insiste sulla strada, io non ci andrei ad abitare» dichiarava in un’intervista del 2010 Antonio Papa, il padre. Verifica che avrebbe spazzato via altre ipotesi di reato (inizialmente si era parlato di riciclaggio, visto che il denaro proveniva da appalti truccati).
L’acquisto dell’appartamento nella prestigiosa via del Fagutale, infatti, secondo i magistrati fu un vero e proprio regalo fatto da Anemone al ministro della Repubblica.
Del resto, già  a suo tempo, i verbali dell’interrogatorio di Angelo Zampolini, prestanome di Anemone, accusato di aver riciclato per lui denaro proveniente dagli appalti gonfiati, parlavano chiaro: «Il giorno del rogito portai gli assegni circolari direttamente al ministero, dove si doveva stipulare l’atto. Ricordo che erano presenti il ministro Claudio Scajola, le due venditrici e il notaio. Consegnai i titoli direttamente al ministro».
È il 23 aprile scorso quando Zampolini, accompagnato dal suo legale Grazia Volo, ricostruisce davanti ai pm di Perugia Alessia Tavarnesi e Sergio Sottani l’operazione immobiliare di via del Fagutale. Un episodio centrale per capire il funzionamento della «cricca» dei grandi appalti. Quel «sistema gelatinoso» descritto inizialmente dai magistrati di Firenze nel corso delle indagini sulla costruzione della nuova caserma della Guardia di Finanza.
A Perugia il racconto di Zampolini smentisce la versione di Claudio Scajola, il quale, invece, aveva escluso di aver ricevuto altri soldi oltre ai 610 mila euro versati, come figura nel documento notarile.
«Anemone e Scajola — racconta Zampolini ai magistrati di Perugia — erano in confidenza. Si davano del tu e avevano un rapporto diretto. Ho visto Scajola all’incirca tre volte: in occasione della visita in un altro appartamento che non gli piacque e poi in occasione del rogito».
Scajola, che aveva lasciato l’incarico di ministro dello Sviluppo Economico proprio in seguito alla vicenda (le dimissioni in un primo tempo respinte dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi furono accettate il 4 maggio 2010) dice di non aver ancora ricevuto l’avviso di garanzia della procura. La parola passa ora al suo difensore Giorgio Perroni per la memoria difensiva. In sostanza si tratta di dimostrare che la somma versata per Scajola alle sorelle Papa era un compenso per regolari prestazioni professionali.

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