Bruxelles accelera sugli Eurobond

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BRUXELLES — Più Francia e Germania gettano acqua sull’idea degli Eurobond, più Bruxelles alza la fiamma e dimostra di crederci: ormai, è quasi un gioco di forze inversamente proporzionali. L’ultima puntata sembra voler bruciare le tappe: la Commissione Europea ha preannunciato la presentazione all’Europarlamento e al Consiglio di uno studio di fattibilità  e di un rapporto sull’emissione comune di obbligazioni sovrane nella zona Euro, garantite in solido dai vari Stati; e «se sarà  opportuno», quel rapporto «sarà  accompagnato da proposte legislative». Niente tempi o scadenze precise. Ma si esce dunque dalla fase teorica, più prettamente politica, per passare a quella operativa: l’espressione «proposte legislative» sta a significare il progetto di una nuova direttiva europea. L’annuncio, trapelato solo ieri, si deve al commissario Ue agli affari economici e monetari Olli Rehn, che ne ha fatto l’oggetto di una risposta scritta allo stesso Europarlamento, datata 12 agosto. Ma la notizia non aveva ancora cominciato a circolare, che già  arrivavano le prime reazioni contrarie, soprattutto da Berlino e Parigi. Sugli Eurobond, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha calato ancora una volta la sua mannaia, con 4 parole secche secche: «Noi non li vogliamo». Poi ha aggiunto qualcosa di più: con la «collettivizzazione del debito», i vari Paesi starebbero solo peggio. E inoltre: «Si tratta di un pendio scivoloso, la situazione potrebbe peggiorare e noi non vogliamo arrivare a questo. Se tutti i debiti venissero messi in un solo contenitore non capiremmo da dove vengono. Gli Eurobond non darebbero la possibilità  o il diritto ai più di intervenire per forzare la disciplina finanziaria degli altri».
Sulla stessa linea, più o meno, il primo ministro francese Franà§ois Fillon: «Gli Eurobond aumenterebbero il costo del debito francese con conseguenze sul rating a tripla A di Parigi. Alcuni li invocano presentandoli come la panacea. Dimenticano però, ripeto, che questi strumenti aumenterebbero il prezzo del debito francese». E quasi a voler serrare ancor di più le file, Berlino e Parigi hanno annunciato un nuovo incontro bilaterale — a livello di ministri finanziari — per martedì prossimo. Mentre anche Jà¼rgen Stark, membro del board della Banca centrale europea, spara contro l’ipotesi delle euro-obbligazioni comuni: sono state dipinte «come la pallottola d’argento, un rimedio assoluto per emergere dalla crisi, ma allo stato attuale curerebbero i sintomi, non la causa».
Torna intanto alla ribalta il caso-Grecia: un po’ perché da Atene sono giunte ieri prospettive di crescita per il 2011 inferiori alle previsioni; e un po’ perché mezza Europa è sobbalzata all’accordo appena siglato fra Grecia e Finlandia, sulle modalità  di concessione del secondo piano (circa 160 miliardi, versati da tutti i Paesi). Si tratta di questo: evidentemente non fidandosi troppo di Atene, Helsinki ha chiesto e ottenuto garanzie in più (deposito di un fondo) per accordare la propria parte di contributi, e subito altri Stati hanno protestato o chiesto altrettanto. Olanda, Austria, Slovenia, Slovacchia sono i primi in lista: protestano anche perché temono di dover pagare loro una parte delle garanzie destinate alla Finlandia, soldi che la Grecia non ha. La Commissione Europea avverte: attenzione, prima di firmare patti simili, bisogna che tutti i Paesi siano d’accordo. Ma proprio questo sembra difficilissimo, oggi, nell’Eurozona e in tutta l’Europa: un accordo, un qualche accordo.


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