by Sergio Segio | 12 Agosto 2011 7:01
MILANO — Il giudizio senza appello arriva all’ora del tramonto. Umberto Bossi lascia Montecitorio e poco prima di mettere piede a Palazzo Grazioli, dove lo aspetta Silvio Berlusconi, dice la sua sull’orizzonte previdenziale indicato dal ministro dell’Economia: «Sulle pensioni Tremonti non mi ha convinto. Bisogna saper dire anche di no, altrimenti si rischia una crisi». Si sappia poi che in caso servisse prendere la via del Quirinale, nel momento della tempesta, la Lega può far strada: «Se bisogna farsi vedere al Colle allora ci vado». In ordine di tempo, sono solo gli ultimi due pareri di questa giornata caratterizzata da una loquacità a orologeria: il Senatur vuole commentare gli interventi ufficiali (di alleati e non), le decisioni prese in sede comunitaria, le riunioni di commissione, i vertici istituzionali. Tutto.
In mattinata, mentre Tremonti è impegnato nell’audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, il leader del Carroccio s’interroga pubblicamente sulla missiva della Bce — a firma Trichet e Draghi — indirizzata all’esecutivo italiano: «Con tutto il casino che hanno fatto uscire temo ci sia un tentativo per far saltare il governo. E temo che quella lettera sia stata fatta a Roma: Draghi da qui è andato in Europa ma è sempre a Roma».
Quando poi «l’amico Giulio» rimette a posto la voluminosa cartellina degli appunti, Bossi cede a una discreta delusione: «L’intervento sulle misure anticrisi è stato troppo fumoso». A nulla serve la replica immediata del ministro — «Abbiamo annunciato un decreto legge. Ma è difficile, prima di andare dal capo dello Stato e a mercati aperti, essere più precisi di come sono stato» — visto che il numero uno della Lega sta già spiegando ai cronisti che il governo non ha ancora deciso se intervenire sulle pensioni o se invece stia pensando a una patrimoniale: «In ogni caso serve un compromesso. Bisogna capire cosa fare e questo dipende da come si toccano le pensioni. Sicuramente siamo a un bivio importante. Ma Tremonti e Berlusconi non hanno ancora deciso, non lo devo dire io».
La ragione di tanta insistenza è che la posizione dei lumbard sulle pensioni è da sempre arroccata in difesa di quei lavoratori che — parole del Capo — «si fanno il mazzo da una vita per un pugno di euro». Ecco perché, per l’intero pomeriggio, Bossi insiste su una questione cruciale alla base di equilibri che sembrano più istituzionali che di bilancio: «Il problema è che o tagliano le pensioni o i patrimoni e quindi o tocchiamo i poveri o i ricchi. Noi abbiamo le nostre idee e le presenteremo, ma in ogni caso la gente non vuole che si tocchino le pensioni». Neanche l’opposizione — in particolare Bersani e la certificazione del segretario pd che «nella maggioranza c’è mancanza di compattezza» — resta fuori dai suoi pensieri: «La prossima volta che vince le elezioni, faccia un governo più ampio». La distanza dei padani dalla Capitale è certificata dalla prima pagina dedicata alle parole di Bossi che la Padania manda in stampa in serata: «Non mi hanno convinto, il discorso di Tremonti è fumoso».
Il quotidiano aggiunge: «Lega impegnata su più fronti: pensioni d’anzianità , Comuni virtuosi, welfare regionale. Trattative nella notte. Oggi incontro decisivo per il futuro degli Enti locali e un probabile Consiglio dei ministri». E pensare che prima che Tremonti iniziasse a parlare, il Senatur — dopo le grane che gli erano toccate mercoledì a Palazzo Grazioli — dispensava ottimismo: «Oggi sarà una buona giornata. Ieri, al vertice con il premier, abbiamo parlato di rotture di coglioni».
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