Bossi cede all’Europa

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 ROMA.Il Governo non è commissariato e non andremo al voto anticipato. Ipotesi – quest’ultima – che il ministro per le riforme Umberto Bossi liquida con una sonora pernacchia di mezza estate. Ma almeno la lettera con cui Trichet e Mario Draghi – rispettivamente l’attuale presidente della Banca centrale europea e l’uomo che a novembre prenderà  il suo posto – chiedono all’Italia lacrime e sangue esiste o no?

«Sì, quella è vera ma noi ci eravamo già  mossi prima della Bce. Giulio diglielo anche tu». «No, io non parlo» afferma seminascosto da un cancello Giulio Tremonti che con Bossi e Calderoli ha partecipato ieri mattina a un minivertice proprio nella casa del Senatùr per discutere della situazione economica e soprattutto per esaminare possibili misure «salvaimprese».
Assente Berlusconi – che in quel di villa Certosa attende il compleanno della figlia Marina per poi volare a Roma e presiedere quasi sicuramente all’incontro di mercoledì con le parti sociali – è a Bossi che tocca difendere l’esecutivo non solo lodandone l’operato ma anche spingendo a ché il Governo decida di «anadre dietro un po’ all’Europa».
Certo, ammette Bossi, Europa e Bce hanno avuto il loro peso nelle scelte che palazzo Chigi ha dovuto fare per affrontare la crisi e dunque è un po’ anche vero che Europa e Bce ci condizionano ma lo fanno «positivamente».
Il ministro euroscettico si trasforma in fedele sostenitore dell’Unione a condizione, però, «che la Bce compri i titoli italiani». Nel frattempo a noi toccherà  fare tutte le riforme, «finire tutte le riforme che stiamo preparando». E non si capisce bene se per mettere al riparo quel poco di raccolto via via raggranellato o per mandare un segnale all’Europa..
«Per tanto tempo il Paese ha speso più di quanto poteva – ha dichiarato il leader del Carroccio – e un bel giorno la realtà  ha preso il treno ed è venuta a trovarci».
Un periodare quasi poetico che smorza il tono della pernacchia e che la dice lunga sul contenuto della «letterina» arrivata direttamente in Italia dall’Eurotower con posta prioritaria e «solo» un attimo prima che Berlusconi e Tremonti convocassero la conferenza stampa strordinaria di venerdì scorso.
Direzione e tabella di marcia, misure da adottare e tempi per attuarele riforme con una dead line che non scavalca settembre. Sulle liberalizzazioni si proceda per decreto e stessa fretta accompagni il programma di privatizzazioni che potrebbe anche prevedere la cessione di società  pubbliche locali. Tutto e subito, senza arrivare al 2013, anno in cui l’attuale esecutivo ha messo in conto di pareggiare il bilancio.
Ma far drizzare i capelli è il punto in cui Draghi e Trichet danno la linea sul mercato del lavoro: norme flessibili per quanto concerne i licenziamenti in barba all’articolo 18, interventi sul pubblico impiego e contrattazione aziendale mirata ad aumentare la produttività .
Il Paese è avvertito tanto che oggi – alla vigilia dell’incontro con le parti sociali – la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e i leader di Cgil, Cisl e Uil – si siederanno intorno a un tavolo comune per un «incontro separato» mentre l’ipotesi di un cdm imminente non trova conferme ufficiali.
Siamo comunque allo stato di massima allerta come sembrano confermare le parole del capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto che quasi quasi in un commissariamento sembrerebbe sperarci. E invece ci troviamo – dice – di fronte «all’esistenza di fortissimi condizionamenti che riguardano tutto e tutti. Chi polemizza su questo nodo fondamentale o è in malafede o non ha capito nulla dell’euro, delle sue ombre e delle sue luci».
E sta tutta qui la finta svolta di Umberto Bossi costretto dall’euro ad adeguarsi non solo all’Italia ma anche all’Europa. Il suò popolo, per una volta, sarà  costretto a gradire perché se la Bce non aiuta il Senatùr, il Senatùr non potrà  aiutare – come ha promesso – le piccole e medie imprese.


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