Barcone con 25 cadaveri a Lampedusa “Chiusi nella stiva e asfissiati dai gas”

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LAMPEDUSA – L’orrore è in fondo a una botola di due metri per tre. Erano i più forti, tutti uomini giovani, tra i 20 e i 30 anni, nigeriani, alcuni etiopi, pochi libici. In Italia sono arrivati sepolti in una bara galleggiante, una fossa comune piena di veleni in cui li hanno costretti, a colpi di bastone, gli scafisti di quest’ultima traversata di morte.
Non c’era posto per tutti sul peschereccio che sabato mattina era partito da un porto libico non lontano da Tripoli con a bordo un carico umano troppo pesante: trecento fra uomini, donne e bambini arrivati a Lampedusa la scorsa notte dopo essere stati intercettati dalle motovedette allertate da una telefonata. Troppi per trovare tutti posto in coperta in quell’imbarcazione lunga quindici metri. I primi cinquanta saliti a bordo sono stati fatti scendere nella stiva, senz’aria, che andava saturandosi dei gas della sala macchine. Metà , durante la traversata, sono riusciti a guadagnarsi un posto in coperta, in 25 presi a bastonate dagli uomini del “servizio d’ordine” non ce l’hanno fatta e sono morti asfissiati. Un altro uomo che aveva tentato di ribellarsi è stato scaraventato in mare ed è morto affogato.
La macabra scoperta è stata fatta dagli uomini della Guardia costiera e della Guardia di finanza che prima hanno soccorso l’imbarcazione 35 miglia a sud di Lampedusa e a un miglio hanno aperto la botola. Dopo aver fatto scendere i 250 sopravvissuti, un fetido olezzo ha guidato i soccorritori in fondo alla stiva: i 25 corpi ammassati erano già  in putrefazione, morti almeno da quarantott’ore. Le prime voci parlavano di un’epidemia, e intorno le spiagge erano piene di turisti, ma il Viminale si è affrettato a smentire ogni possibilità  di rischio ed era un’altra la ragione di quella morte di massa. L’hanno spiegata i racconti dell’orrore dei compagni di viaggio dei più sfortunati, subito raccolti dagli uomini della squadra mobile di Agrigento: la violenza del “capitano” del peschereccio che avrebbe personalmente scaraventato in mare il giovane che, a forza di braccia, tentava di guadagnare un minimo di aria vitale per sfuggire alla stiva dove avevano iniziato a morire gli altri, ricacciati giù a colpi di bastone da due uomini incaricati di mantenere l’ordine a bordo.
La prima segnalazione del peschereccio partito dalla Libia era arrivata da una telefonata fatta da uno dei “passeggeri”, con un telefono satellitare aveva chiamato un familiare in Italia. A quel punto, racconta il comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa, Antonio Morana, un aereo della Finanza che controllava un’ampia zona di mare ha avvisto il barcone a 70 miglia dall’Isola di Lampedusa girando la posizione del natante ai mezzi navali della Guardia Costiera e della Finanza che hanno immediatamente inviato due motovedette in quella zona. Il mare era forza 4-5 e non ha consentito il trasbordo di quelle centinaia di persone che chiedevano aiuto. Molti di loro, hanno raccontato, erano in fuga dalla guerra libica: «O ci arruolavamo o dovevamo lasciare il paese», ha raccontato un nigeriano. Da quando è iniziata la guerra, la maggior parte dei trasporti è gratis, senza prezzo: clandestini che Gheddafi vuole scaricare sull’Italia.
A confermare il drammatico racconto dei sopravvissuti le lesioni evidenti riscontrate su molti dei cadaveri, segno della violenza che li ha costretti a rimanere in fondo a quella botola senza neanche una presa d’aria. La Procura di Agrigento ha aperto l’ennesima inchiesta e la squadra mobile ha già  individuato i cinque scafisti responsabili. Tra loro, il “capitano” dell’imbarcazione e l’uomo del “servizio d’ordine”. Saranno, tutti e cinque, incriminati per omicidio.
Alcuni migranti giunti la scorsa notte a Lampedusa sul barcone hanno raccontato ai soccorritori, ancora, di aver incontrato lungo la traversata altre cinque imbarcazioni con immigrati a bordo. Due le avrebbero superate nella navigazione, ma i natanti non sono mai arrivati sulle coste siciliane, né su quelle maltesi. Le condizioni del mare, la scorsa notte, non erano buone.


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