Bankitalia apre il paracadute Compra i titoli di Stato
È una svolta a tutti gli effetti quella che ha preso forma negli schermi degli operatori ieri poco dopo le otto di mattina. I rendimenti dei Btp a dieci anni, giunti a un massimo di 6,397%, all’improvviso sono crollati in verticale. Un primo tuffo giù fino al 6,25%intorno alle nove, un secondo da 6,29%a 6,1%verso le 11.40 (vedi grafico). Mani forti stavano comprando titoli di Stato italiani. In contemporanea, lo stesso stava accadendo su Bonos spagnoli di pari durata, il cui prezzo sotto la pressione degli acquisti si è impennato dello 0,40%(per i bond scambiati sul mercato, il rendimento scende quando il prezzo sale e viceversa).
Gli operatori hanno subito percepito che i compratori sull’Italia e sulla Spagna sono «real money» , portafogli potenti, e interni ai due Paesi. Solo le impronte digitali mancavano, ma il segno è chiaro: per la prima volta da quando esiste l’euro, la Banca d’Italia e il Banco de Espaà±a hanno agito indipendentemente dalla Banca centrale europea per sostenere i titoli di Stato dei loro governi. Non è chiaro se l’abbiano fatto con la propria gestione di portafoglio o tramite intermediari. Ma in base alle regole della moneta comune, lo hanno fatto legalmente. Il programma europeo che è stato usato si chiama «Emergency Liquidity Assistance» , è stato autorizzato dalla Bce e prevede che una banca centrale nazionale possa intervenire da sola sul proprio mercato.
I titoli così comprati non vanno a bilancio comune dell’Eurosistema, cioè della Bce e dei 17 istituti associati. Il rischio dell’operazione, al contrario, resta in carico all’istituto centrale coinvolto e dunque ai contribuenti di quel Paese: in questo caso gli italiani per i Btp e gli spagnoli per i Bonos, non anche i tedeschi o gli olandesi. Ed è vero che in certi giorni dell’autunno 2010 anche l’Irlanda aveva agito così, mentre altri istituti lo avevano fatto nel piano della Bce di acquisto di «covered bond» bancari nel 2009. Ma le finezze legali e i piccoli precedenti non rendono meno delicata la mossa di Roma e Madrid. Appena poche ore prima, il consiglio dei governatori della Bce aveva discusso l’ipotesi di interventi per l’Italia e la Spagna e aveva deciso per il momento di no.
Il consiglio — dove siedono i 17 governatori nazionali dell’euro più i sei dell’esecutivo dell’Eurotower— aveva però dato un messaggio di apertura ai due governi in questione. Un messaggio recapitato comprando titoli di Irlanda e Portogallo, perché Dublino e Lisbona stanno applicando le misure di risanamento accelerato e di competitività decise nei piani di salvataggio. Così la Bce ha mostrato che può aiutare ogni governo che aiuta il proprio Paese. I banchieri centrali europei in quel momento erano delusi dall’immobilismo di Silvio Berlusconi, sconcertati dall’idea del Parlamento di Roma di mettersi un mese e mezzo in vacanza, irritati dalle polemiche di Giulio Tremonti contro di loro. Il fatto poi che nel consiglio Bce i due componenti tedeschi Jens Weidmann e Jà¼rgen Stark, l’olandese Klaas Knot, e probabilmente il lussemburghese Yves Mersch, siano in assoluto contro gli interventi, riduce ancora il margine di manovra di chi è più aperto.
Nel consiglio Bce di giovedì lo scontro è stato feroce. Poi ieri mattina, con il mercato sotto stress, Bankitalia e Banco de Espaà±a si sono mosse da sole. Senza annunciarlo prima, né confermarlo dopo. La decisione era stata valutata per settimane. Il governatore Mario Draghi, atteso a guidare la Bce da novembre, ha atteso molto prima di decidersi: sa che la sua scelta di ieri apre un capitolo dalle conseguenze potenzialmente poco prevedibili. A meno che una Bce più convinta della reazione italiana alla crisi non decida, da lunedì, di seguire Banca d’Italia negli interventi.
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