Banche nel mirino, Piazza Affari va giù

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MILANO – Le banche finiscono nel mirino degli investitori con una raffica di vendite che assomigliano a una nuova bocciatura dell’Italia. E Piazza Affari, unica Borsa europea, chiude in rosso una seduta aperta all’insegna del rimbalzo. Anche perché i dati sulla produzione industriale in Germania e nella zona Euro sono positivi, allontanando lo spettro della recessione. E così mentre Milano cede l’1,04%, Francoforte guadagna l’1,07%, Parigi l’1,08% e Londra lo 0,67%. In ripresa anche Wall Street dove finiscono sotto osservazione Goldman Sachs e Bank of America. La prima per aver assunto Reid Weingarten, l’avvocato dei crack Enron e Worldcom, che assisterà  la banca nell’indagine del dipartimento di Giustizia sulla sua attività  di cartolarizzazioni che hanno contribuito alla crisi di tre anni fa. La seconda per le voci su un possibile aumento di capitale: la capitalizzazione di Bofa è crollata del 47% in 8 mesi, nonostante i 91 miliardi ricevuti dalla Federal Reserve.
Insomma mentre i dati macroeconomici sulla produzione manifatturiera, dalla Cina alla Germania, lanciano segnali incoraggianti, il credito in Italia mostra tutta la sua debolezza: Bpm ha perso il 4,89%, Banco Popolare il 4,19%, Mps il 3,23%, Unicredit il 2,61%, Ubi Banca il 2,18%, Intesa Sanpaolo lo 0,63%. A pesare è soprattutto la lentezza nell’approvazione della manovra finanziaria d’emergenza e così gli operatori mettono sotto esame la classe politica. Trasformando le banche nell’obiettivo perfetto. Perché sono loro ad avere in pancia il debito pubblico italiano: «I mercati – spiega un trader – non possono più colpire i titoli di Stato sostenuti dalla Bce e quindi ripiegano sul comparto del credito». Altrimenti non si spiegherebbe perché in Europa l’indice bancario ceda lo 0,78% e in Italia il 2,17%. Nell’ultima settimana sono anche tornati a salire i cds a 5 anni sulle maggiori banche tricolori, aumenta cioè il prezzo dell’assicurazione contro il fallimento: per Intesa Sanpaolo da 300 a 342 punti, per Unicredit da 334 a 378 punti, per Mps da 388 a 434 punti. Livelli che aumentano i costi della raccolta bancaria: per proteggersi gli investitori chiedono una remunerazione più alta. Insomma, in Europa il settore soffre una forte avversione al rischio tanto che i depositi degli istituti presso la Bce sono dai 107 miliardi di venerdì ai 128 di ieri: «Non un buon segno» ha commentato il capo economista di Francoforte Juergen Stark. Proprio mentre dall’altra parte dell’Atlantico la Fdic, l’agenzia americana che sovrintende il settore creditizio, registra il primo calo dal 2006 del numero di banche in difficoltà : da 888 di fine marzo a 865 a giugno su 7.513 istituti. Negli ultimi tre mesi sono fallite 22 banche, il numero più basso dal 2009. Sul fronte degli utili, poi, il comparto ha registrato profitti per 28,8 miliardi nel trimestre, il 37,9% in più rispetto al 2010.
Continua intanto il momento delicato delle agenzie di rating. Mentre fanno scalpore le dichiarazioni di William Harrington, ex vicepresidente di Moody’s, secondo cui le agenzie cercano di «far felici i clienti» per evitare che si rivolgano alla concorrenza, S&P, dopo aver declassato il debito Usa, ha annunciato il cambio al vertice: il presidente Deven Sharma lascerà  il posto al numero uno di Citibank, Douglas Peterson. E in Italia mentre la procura di Trani indaga su come le due agenzie abbiano tagliato l’outlook a 16 banche ed espresso giudizi sulla manovra finanziaria, la Consob ha deciso la loro messa in mora rinviandone la registrazione a livello europeo e invitandole ad adeguare le proprie procedure alle regole dell’Ue.


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