Anche il rischio elusione sull’eurotassa per sostituirla manovra Iva da 6 miliardi

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ROMA – Tutte le strade portano all’Iva. Anche quelle che passano dal Senato. Nel giorno di esordio della manovra bis in commissione Bilancio, l’ufficio studi di Palazzo Madama mette i primi paletti al contributo di solidarietà , ma anche alla Robin Hood Tax, la tassa sugli utili delle società  energetiche. Osservazioni che incrinano le “una tantum”, a favore di un ritocco, giudicato da molti inevitabile per fare subito cassa, dell’imposta sui consumi, dopo lo stop definitivo della Lega al capitolo pensioni. L’aumento di un punto di Iva – 6,6 miliardi di incassi annui attesi, stima Confcommercio, se applicato su tutte e tre le aliquote – sale dunque sempre più nel borsino delle modifiche plausibili al decreto. «In fase emendativa si terrà  conto di tutto», assicura Azzollini, relatore della manovra.
La prima stoccata degli esperti del Senato arriva, dunque, all’eurotassa. Il prelievo “solidale” del 5 e 10% (3 e 7% reali, dopo la deduzione) sui redditi sopra i 90 mila euro, che in tre anni assicurerebbe 3,8 miliardi di euro, non convince. Primo, perché è retroattivo: si applica difatti già  quest’anno sui redditi 2010, in contrasto con l’articolo 3 dello Statuto del Contribuente, la legge 212 del 2000, che lo vieta. Secondo, perché può essere facilmente evaso. «Potenziali strategie elusive potrebbero incidere negativamente sull’entità  del gettito atteso», scrivono i tecnici che si riferiscono ad un «uso più ingente di fringe benefits» da parte degli imprenditori o alla mancata distribuzione di utili per tre anni, ma anche all’effetto «disincentivo alla produzione del reddito o a una sua integrale dichiarazione» come mezzi per abbassare l’imponibile. Terzo, perché l’incasso previsto dalla supertassa potrebbe essere sovrastimato in quanto calcolato sui redditi 2008 e non 2009, più bassi per la crisi (il Pil nel 2009 è sceso del 5%).
Lo scenario dell’eurotassa, dunque, si complica. O scompare, come vuole Confindustria (ieri la Marcegaglia l’ha definito «folle»). Oppure viene rimodulata su due anni e tenendo conto del quoziente familiare, come chiedono le componenti cattoliche del governo, la Cisl, l’Udc (non paga chi ha più di tre figli è la proposta di Giovanardi, ad esempio). In sostituzione, parziale o totale, si può agire sull’Iva. Su tutte e tre le aliquote, quella ordinaria del 20% e quelle agevolate del 4 e del 10%. Oppure sulle due maggiori. O anche, come propone la Lega e l’Idv, alzandola solo sui beni di lusso: yacht, barche, ville, gioielli. I commercianti (ma anche il ministro del Turismo Brambilla) sono contrari. Temono la contrazione dei consumi: un punto in meno di Pil, calcolano. L’Iva è un’imposta regressiva, colpisce di più i redditi bassi, ed è la più evasa in Italia: 35,5 miliardi nel 2009 su 124,5 di gettito totale sottratto al fisco. Solo il 12,5% degli autonomi la versa, contro il 50,3% dei lavoratori dipendenti. In ogni caso, un ritocco Iva è già  previsto dalla delega fiscale qualora non andasse in porto il riordino dei bonus fiscali.
Per quanto riguarda la Robin Hood Tax, l’aumento dell’Ires al 10,5%, anche qui il gettito è retroattivo e sovrastimato (2 miliardi), avvertono i tecnici. La tassa potrebbe inoltre deprimere i dividendi delle società  coinvolte, penalizzando così anche le casse dello Stato nella sua veste di azionista di alcuni colossi quali Eni, Enel, Terna, SnamReteGas. Si nota, poi, che il recente calo in Borsa dei titoli può avere ricadute sui dividendi e assicurare «minori entrate» fiscali. Pasticci non secondari da sbrogliare, se si vuole raggiungere il pareggio nel 2013, a saldi invariati, come chiesto dalla Bce.


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