Anche gli Stati vogliono beni-rifugio, oro record

by Sergio Segio | 3 Agosto 2011 7:23

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Mossa in linea con quella della maggioranza degli investitori, istituzionali e privati, che sono tornati a guardare al metallo giallo come a un «bene rifugio» : ieri l’oro ha registrato l’ennesimo record di queste settimane, con l’oncia scambiata a New York a 1.661,9 dollari (+2,5%). In una giornata finanziaria caratterizzata da grande incertezza, legata all’attesa dell’accordo americano sulla riduzione del deficit e ai timori sui debiti sovrani, le maggiori Borse europee hanno accusato nuovi pesanti ribassi.
I titoli di Stato, un tempo granitiche garanzie di risparmio, anche ieri sono stati sotto scacco degli speculatori: non più solo i decennali italiani o spagnoli, pure lo spread di quelli francesi sul Bund ha cominciato ad allargarsi. I gestori stanno vendendo i titoli di tutte le situazioni potenzialmente a rischio. E il mercato ha puntato sul franco svizzero, che ieri ha toccato il nuovo record storico contro l’euro a 1,097 franchi.
 È da tempo che la moneta elvetica si comporta come l’oro e, come il metallo giallo, ieri ha registrato il suo massimo avvicinandosi alla parità  con la moneta unica. Gli investitori — spiegano gli analisti — ormai considerano franco svizzero e lingotti due beni «rari» , non inflazionati come la cartamoneta stampata dalle banche centrali di Stati Uniti ed Eurozona e li ritengono una protezione contro le turbolenze dei mercati. Il risultato per la borsa di Zurigo è stata comunque una perdita del 4%, che ha trascinato anche i titoli bancari svizzeri. Ma il dato evidente è che non si tratta più di una «lingottomania» di natura tutta privata, come quella che era cominciata dopo la bancarotta di Lehman Brothers nel settembre 2008. Il crac della banca d’affari americana, il più grande della storia degli Stati uniti, aveva minato le certezze degli investitori comuni che erano tornati al buon vecchio bene rifugio.
 Da allora il prezzo dell’oro ha cominciato a correre: nell’estate 2008 era poco sopra i 340 dollari l’oncia, tre anni dopo ha sfondato quota 1.660 (ieri). E adesso anche gli investitori istituzionali sono tornati al metallo giallo, complice un dollaro più debole.

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