Vimercati: ho tante cose da dire ai magistrati parlerò delle mazzette
MILANO – Dice Giordano Vimercati che ha una «voglia incredibile di parlare», e già questo lascia intuire molte cose. Parlare con i magistrati, ovviamente. «Se e quando mi chiameranno spiegherò e mi difenderò dall’accusa che mi viene mossa»: avere incassato, per conto di Filippo Penati, di cui all’epoca era capo di gabinetto alla presidenza della Provincia di Milano, una tangente da 2 miliardi di vecchie lire. Denaro che sarebbe stato consegnato in contanti a Vimercati, nel 2001, vicino alla stazione di Chiasso, poco al di là della frontiera tra Italia e Svizzera, dall’ottantaduenne costruttore Giuseppe Pasini, ex proprietario dell’area industriale dismessa delle acciaierie Falck a Sesto San Giovanni e, sempre nell’ex Stalingrado d’Italia, attuale consigliere comunale dopo aver perso le elezioni comunali nel 2007 da candidato sindaco del centrodestra.
Come si difenderà davanti ai magistrati? Non è vero che ha preso quei soldi?
«Per il momento non posso dire nulla, è prematuro. Quando il mio avvocato (Francesco Arata, ndr) parlerà con i magistrati di Monza e capiremo esattamente come stanno le cose, quali circostanze mi contestano, sulla base di quali elementi, allora dirò la mia».
Certo due miliardi in contanti sono una bella somma.
«Guardi, ho sempre fatto la vita che tutti mi riconoscono: da persona “normale”. Lavorando dalla mattina alla sera come faccio da quando avevo 15 anni. Dopo il 2001 (l’anno nel quale sarebbe avvenuto il passaggio della mazzetta, ndr) il mio stile di vita non è cambiato, non ho comprato Ferrari né ville. Ho continuato con le abitudini di sempre, il lavoro, le vacanze con la famiglia, una casa da impiegato».
Infatti Pasini dice che i soldi erano per Penati, che lei era solo un fiduciario, un tramite.
«Risponderò ai pubblici ministeri. Il fatto di cui mi accusano risale a dieci anni fa, vedremo…»
Può ricostruire i suoi rapporti con Penati?
«Sono stato il suo capo di gabinetto da luglio 2005 fino alla fine della legislatura. A un certo punto, come molti sanno, mi ha “esonerato” sollevandomi dalle mie funzioni. È l’inizio del 2006. Mi dice: non devi fare più niente. Formalmente ricoprivo ancora l’incarico ma di fatto mi occupavo solo degli uffici e della sala di Palazzo Isimbardi (sede della Provincia di Milano). I nostri rapporti si interrompono drasticamente alla fine della campagna elettorale per le politiche».
Non vi siete più sentiti?
«No. Chiuso. E preferisco non fare commenti. Ci sono questioni che so ma di cui ora non voglio parlare. Dopo quell’esperienza ho smesso con la politica, voglio starne lontano. Venivo dall’Unità , 32 anni da impiegato. Oggi faccio qualche consulenza aziendale».
Se pensa a quel periodo nella stanza dei comandi della Provincia, ha rimpianti o pentimenti?
«Come tutte le fasi della vita di ciascuno, ci sono stati momenti belli e altri meno belli. Era una stagione difficile, le fabbriche che chiudevano, la crisi economica. Ho avuto anche delle soddisfazioni. Ma a certo punto non ce la facevo più: volevo solo che arrivasse il giorno della fine del mandato di Penati».
Come sta vivendo questa vicenda giudiziaria?
«Molto male. Non dormo più la notte, però cerco di non abbattermi e di tenere su mia moglie e mia figlia. In generale, certo, sono molto amareggiato. E poi voglio capire…»
Capire che cosa?
«Sto cercando anch’io di inquadrare quel che sta accadendo, le varie dichiarazioni, quello che dice uno, quello che dice l’altro, il quando, il come. Non so… Fermo restando che sono pronto a rispondere ai magistrati, osservando i tempi ho come l’impressione, ma magari mi sbaglio, che ci sia qualcosa di non proprio spontaneo da parte di Pasini».
In che senso?
«Se sapeva davvero tutte queste cose perché non le ha tirate fuori nel 2007 quando si è candidato a sindaco di Sesto San Giovanni? Avrebbe vinto a mani basse, non crede?».
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