Una tragica farsa
Se le repliche della storia assumono i contorni grotteschi della farsa, l’eco della Smith&Wesson risuona come una farsa tragica. Per i protagonisti che ne sono gli interpreti e per il paese che li tollera o li subisce.
Le similitudini con quel che accadde in Italia nei primi anni ’90 sono impressionanti: una crisi economica profonda, una progressiva decomposizione del sistema politico, la sordità dei partiti asserragliati nei palazzi a difesa di feudali privilegi, fino all’arrivo, in parlamento, di richieste di arresto per parlamentari e ministri. Per rispettare il copione non ci viene risparmiata neppure la via di fuga dei referendum elettorali, come quello che ci traghettò dal proporzionale al maggioritario, dal pentapartito morente al berlusconismo trionfante. E, a giudicare dal risentimento popolare contro la casta che attraversa in questi giorni la Rete, non è neppure da escludere, prima o poi, la replica del lancio di “monetine” se nelle prossime ore l’assemblea di Montecitorio decidesse di votare contro l’autorizzazione a procedere dei deputati sotto inchiesta.
Affacciato sull’orlo di un debito pubblico unico al mondo, spinto alla disintegrazione nazionale, il paese ha reagito in tutti i modi. Scendendo in piazza nelle sue avanguardie consapevoli, votando nelle elezioni amministrative e nei referendum, mettendo all’ordine del giorno la richiesta di un autentico cambio nelle forme della partecipazione e della decisione, nelle priorità dell’agenda. Accadeva appena un mese fa, ma è come se tutto fosse già sepolto in un passato remoto, oscurato dal paravento dell’emergenza condivisa, dagli appelli del Quirinale alla coesione, dalla scelta delle opposizioni di firmare la tregua concedendo il lasciapassare a provvedimenti feroci verso un ceto medio pericolosamente spinto con le spalle al muro. In compenso il governo ha strappato un altro voto di fiducia e Berlusconi, ieri, mentre la Borsa subiva l’ennesimo tonfo bruciando un controvalore di 12 miliardi, saliva al Quirinale scortato da Gianni Letta per il “rimpastino” (il ministro della giustizia da rimpiazzare).
Mentre sul Colle si tentano accordi nel vuoto di una prospettiva politica, nel sottomondo della vita quotidiana non si riescono a formare le classi perché mancano gli insegnanti, l’assistenza sanitaria non è più un diritto, le famiglie operaie ingrossano l’esercito degli otto milioni di nuovi poveri, la disoccupazione seppellisce il sud del paese.
Solidali con i deboli si agitano sulla scena i comprimari. Il maggior partito di opposizione lancia richieste senza appello di dimissioni del governo. Che le respinge al mittente, come chi sa che più il Pd abbaia e meno riesce a mordere.
Related Articles
Ruby, no allo stop chiesto dal premier “Processo avanti anche se c’è conflitto”
Nello stralcio rinviati a giudizio Fede, Mora e Minetti. Ghedini: “Dai giudici uno schiaffo alla Consulta, si poteva aspettare la sua decisione”. Gli avvocati della consigliera regionale del Pdl: “Escort reclutate da Tarantini”
Pasticcio pd in Emilia-Romagna Indagati Richetti e Bonaccini
I due renziani Matteo Richetti e Stefano Bonaccini accusati di peculato. Il primo si ritira, l’altro no
La linea Casini L’alleanza si farà , dopo le elezioni
Da soli alle elezioni e poi l’eventuale alleanza col Pd. Così Pierferdinando Casini scandisce le intenzioni dell’Udc per la prossima legislatura. «Da tempo in Europa sostrengo la collaborazione delle grandi famiglie socialiste riformista e popolare europeista, che sono diverse e tali rimangono», spiega al Corriere della sera l’ex presidente della camera.