Una Rete messa sotto tutela

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 Duecentomila firme raccolte, una lunga notte di interventi, video, prese di posizione di giuristi e esponenti politici non sono serviti a far cambiare idea ai componenti dell’Authority Garante delle Comunicazioni. Ieri, infatti, la delibera che prevede la possibilità  di un intervento diretto dell’Agcom teso a chiudere siti Internet che diffondono materiale coperto da diritto d’autore è passata a stragrande maggioranza. Sette consiglieri hanno infatti votato a favore della proposta. Contrario solo un consigliere, mentre un altro si è astenuto.

La delibera approvata contiene leggere modifiche rispetto alla versione originale, che non ne cambiamo però la logica di fondo. In primo luogo, la chiusura non avverrà  automaticamente, perché i gestori saranno avvertiti per tre volte prima di dare il via non tanto alla chiusura, bensì a una sorta di interdizione alla connessione. Portati a quindici giorni il periodo durante il quale i gestori del server potranno chiedere una discussione pubblica con l’Authority. Infine, la delibera coinvolge anche la diffusione di testi coperti da copyright: una misura che dovrebbe tutelare, nelle intenzioni dell’Agcom, le versioni digitali dei libri pubblicati.
Poco, anzi nulla si sa sulla discussione avvenuta nelle stanze dell’Agcom. Aperto ad eventuali modifiche è il garante Corrado Calabrò, che ha ricordato anche che il testo della delibera, prima di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sarà  discusso in sede parlamentare, durante la quale potranno essere avanzate proposte di modifica da parte dei parlamentari.
Poche le reazioni alla notizie del voto, quasi che i protagonisti delle mobilitazioni dei giorni scorsi attendono di leggere il testo integrale della delibera. Ma al di là  del lungo iter che separa il voto di ieri dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, c’è da registrare che una Authority, che ha funzione di controllo, intervenga direttamente nel modificare una legislazione come quella sul diritto d’autore. Si può tranquillamente ricordare che sono anni che viene più volte chiesto una modifica di una legge pensata per un periodo storico, e dunque con un modo di produzione e diffusione di musica, film, testi ben diverso da quello attuale. Ma nulla è stato finora fatto. Altro elemento che emerge dalla votazione di ieri è che l’Agcom ha assunto fino in fondo la concezione dominante sulla proprietà  intellettuale.
E qui serve una piccola digressione, contestualizzando la realtà  italiana in quella europea e alle norme relative a copyright, brevetti e marchi definite dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) e dalla Wipo, l’organizzazione delle Nazioni Unite sulla proprietà  intellettuale. Le norme del Wto non lasciano margini di dubbio: sono le imprese le titolari della proprietà  intellettuale. Una logica che è stata recentemente ribadita da una riunione del G8, fortemente voluta dal presidente francese Nicolas Sarkozy. In quella sede non sono state prese grandi decisioni, come d’altronde è costume del G8 in questi ultimi anni. Ma sono state comunque definite delle linee guida per tutti i governi che ne fanno part: adesione alle norme del Wto e intensificazione della lotta alla cosiddetta «pirateria». Non è certo un caso che nei giorni precedenti il voto dell’Agcom, il ministero del commercio statunitense ha salutato positivamente le proposte dell’Authority sulle comunicazioni.
Ci sono però degli elementi che le agenzie di stampa e la Rete non hanno specificato ieri. In primo luogo se lo scambio di materiale protetto da copyright mediato da un sito può essere equiparato alla sua diffusione. In tempi recenti è sempre stato affermato che l’«uso personale e non a scopo di lucro» non può essere considerato una violazione della legge sul copyright. Ma erano sempre prese di posizioni individuali. Altro aspetto che il tempo chiarirà  è se l’interdizione alla connessione di un sito ritenuto responsabile avverrà  automaticamente dopo i tre avvertimenti o se sarà  previsto un passaggio ulteriore con l’intervento della magistratura.
Tutti fattori che mantengono aperta la discussione, ma che non fatto certo sperare in una inversione di tendenza nell’operato dell’Agcom. Come ha più volte affermato, sia pubblicamente che informalmente, il garante Corrado Calabrò l’Italia ha davvero tutte le carte in regola per essere il laboratorio delle nuove tecniche di difesa della proprietà  intellettuale. Lasciando così l’amaro in bocca ai blogger, i mediattivisti, i giuristi – Stefano Rodotà  in testa – e gli esponenti politici che avevano indicato altre strade da percorrere, a partire dalla convinzione che la conoscenza è un bene comune. C’è sempre però un’altra possibilità . Che in Rete si trovino i modi e le forme per aggirare la delibera dell’Agcom.


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