Una Mela per fermare la corsa verso l’apocalisse della Terra

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 Quale correlazione esiste, tra il denaro e l’anidride carbonica nell’atmosfera, tra la borsa di New York e l’effetto serra , tra il clima del pianeta e il mondo turbolento della finanza? I legami tra due sfere di fenomeni così distanti sono molto più profondi di quanto si possa immaginare. E Tonino Perna, nel suo recente Eventi estremi. Come salvare il pianeta e noi stessi dalle tempeste climatiche e finanziarie (Altraeconomia, euro 12) costruisce un denso ragionamento sulle profonde affinità  delle dinamiche che imperversano nei due ambiti.

Ovviamente, Perna non si arresta alla soglia scientificamente ingenua di ricondurre gli estremi climatici e le ricorrenti crisi finanziarie, al comune motore che ne è all’origine: vale a dire lo sviluppo capitalistico deregolato che agita il mondo. Questo, che è il primo mobile di tutti i fenomeni naturali e sociali che oggi ci sfidano, e che costituisce l’oggetto ovvio e sostanziale della critica di Perna, resta sullo sfondo. Per cogliere le affinità , l’autore prende in esame le modalità  con cui i diversi fenomeni agiscono nelle rispettive sfere, e la loro tendenza a creare eventi catastrofici. Disegna così una fisica dei disastri che sembra dominare l’intera realtà  del nostro tempo. Nell’atmosfera, l’accelerazione dell’immissione di Co2 produce un accumulo di energia, che dà  luogo non solo al riscaldamento climatico, ma anche all’eccesso di pioggia in certe aree e a fenomeni di siccità  prolungata altrove.
Eventi estremi – non nuovi nella storia della Terra, ma oggi sempre frequenti ed intensi – che colpiscono ora gli Usa, ora la Mongolia, ora l’ Australia, destinati a produrre ingenti danni economici. Non diversamente, l’eccesso di immissione di denaro nei circuiti finanziari mondiali, l’accelerazione dei suoi movimenti, la creazione di un mercato senza regole dei capitali produce eventi estremi di altra natura: dalla speculazione degli edge fund sulle derrate alimentari, che porta la fame tra milioni di poveri, alle «fluttuazioni giganti » della borsa, alla speculazione sulle monete, ai tracolli che trascinano l’economia come è avvenuto a partire dal 2008.
Perna svolge un ampia analisi delle varie ragioni che portano i poteri dominanti a proseguire nel modello di crescita illimitata e a infliggere danni sempre meno sostenibili agli equilibri del pianeta: danni che si traducono in perdita di ricchezza reale, quale che sia l’andamento del Pil. Esse risiedono in cospicui e ben radicati interessi, come l’apparato militare-industriale degli Usa o i grandi gruppi petroliferi. Ma non minore forza di resistenza a un cambiamento del modello economico dominante mostrano gli elementi di inerzialità  presenti in vari poteri e ambiti del nostro tempo: quello dei gruppi politici e dei partiti, dei consumatori, delle culture diffuse.
Molto opportunamente, Perna, non si mostra pago della semplice denuncia dell’irrazionalità  e dell’iniquità  del mondo che abbiamo di fronte. La denuncia e la critica, armi indispensabili, appaiono oggi un po’ spuntate di fronte allo spietato «realismo» di ciò che tende a presentarsi come l’unica realtà  possibile, senza alcuna alternativa visibile. Oggi occorre un impegno di prefigurazione di assetti e percorsi altri. Una nuova progettualità  in grado di mostrare i sentieri alternativi verso cui indirizzare l’azione politica e la lotta dei movimenti. E Perna indica alcuni grandi obiettivi che condensa nell’acronimo della M.e.l.a. (Moneta, Energia, Lavoro, Alimentazione). Si tratta in gran parte di ambiti noti che l’autore inserisce in un progetto generale di altra economia, nella quale gli attori fondamentali (il mercato, lo Stato, la moneta) vengono fatti agire con logiche nuove, piegati agli interessi generali, vincolati a finalità  sociali. Perna insiste sulla necessità  di una moneta mondiale, che corrisponda all’unificazione economica del mondo, ma anche sulla utilità  di monete locali, in grado di sottrarre le popolazioni agli effetti delle turbolenze monetarie dei nostri anni. Esemplare, a tal proposito, il caso argentino dopo il crac finanziario del 2001. «In poco tempo – ricorda l’autore – una grande rete di solidarietà  è riuscita a risolvere il problema dell’assenza di denaro con la produzione di circa duecento “monete locali”, ha preso in mano centinaia di fabbriche che avevano chiuso i battenti » recuperandole alla piena produttività . Un esempio che oggi ha molto da suggerire alla realtà  italiana.


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