Una manovra iniqua e inefficiente

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Gli economisti definiscono la bontà  di una manovra di politica economica sulla base di due parametri: efficienza e equità . Il decreto legge approvato la scorsa settimana dal governo non è efficiente e tanto meno equo. Certo, la cifra complessiva della manovra (quasi 50 miliardi fino al 2014) è quella che anche a livello internazionale tutti si aspettavano, ma dietro questa stangata non c’è nulla. In particolare manca una visione di sviluppo del paese e cambiamenti per modificare – in meglio – la struttura produttiva e sociale del paese.
Se la manovra era necessaria – lo dicono tutti – era meglio anticiparla non solo nelle disposizioni giuridiche, ma anche negli effetti economici: aver concentrato il grosso sul 2013-2014 è un errore gravissimo. Anticipando tagli e maggiori entrate al prossimo anno si sarebbe potuto disporre di un «tesoretto» da impiegare per tentare di dare un po’ di slancio all’economia e far soffrire meno le persone. Invece si è optato per la furbata: i sacrifici veri li avvertiremo dopo le elezioni del 2013.
Anche i tagli ai costi della politica sono tutti a venire: per ora si tratta di spiccioli al servizio di demagogia e populismo. Per l’abolizione delle provincie (nel programma anche del Pdl) nulla è stato fatto; così come per l’accorpamento dei comuni più piccoli che hanno costi di struttura altissimi. La Lega, infatti, si oppone, «forte» delle 14 provincie delle quali ha la presidenza e con la difesa del campanilismo più bieco. Eppure basta varcare il confine con la Svizzera per rendersi conto che dalle tabelle stradali sono scomparse le indicazioni di molti comuni.
A proposito di populismo che dire dell’addizionale sul bollo delle auto di lusso? Giusta, sicuramente, ma non sostitutiva di una vera patrimoniale della quale si sente un po’ di «puzza» nel provvedimento che aumenta i costi dei «conti titoli» posseduti presso le banche. Si tratta, però, di una patrimoniale all’incontrario: poiché è a cifra fissa chi ha poche migliaia di euro pagherà  in percentuale molto di più di chi ha milioni di azioni e obbligazioni.
Sulle pensioni, poi, siamo al ridicolo: l’innalzamento dell’età  pensionabile per le donne del settore privato comincerà  nel 2020 e si concluderà  nel 2032. Visto le condizioni del mercato del lavoro italiano e la mancanza di strutture sociali l’età  non doveva essere elevata neppure «a babbo morto». Al massimo si poteva aumentare offrendo in cambio interventi di sostegno sociale. Ma, come accennato, non è stato fatto perché sarebbe stato necessario reperire risorse e modificare in forma più equa la distribuzione dei redditi. Il risultato sarà  che l’innalzamento dell’età  pensionabile verrà  lasciata in eredità  al prossimo governo. Che si troverà  alle prese con una pubblica amministrazione sulla quale si è abbattuta la mannaia; una sanità  piena di ticket e regioni e enti locali non più in grado di fornire servizi, neppure quelli essenziali, se non a pagamento.


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