Una giornata nella casa dei senza diritti

by Sergio Segio | 26 Luglio 2011 10:16

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Presidi sotto i Cie di tutto il Paese, promossi da Federazione della Stampa e Ordine dei Giornalisti, per protestare contro l’assurda circolare del ministro Maroni che dal primo aprile nega l’accesso in tutte le strutture «al fine di non intralciare le attività  rivolte ai migranti». Un paradosso. Che impedisce ai cittadini di sapere cosa avviene lì dentro, come e in che modo le libertà  individuali sono sospese o negate.

E difatti è «libertà » la parola che accoglie i manifestanti. Scritta a mano, su un lenzuolo liso recuperato fortuitamente. Viene issato sul tetto da una ventina di migranti-reclusi. Si sgolano, gridano «Guantanamo, aiuto », e poi «non siamo animali». «Ho il cuore bianco», urla un altro.

INTERVISTA AL TELEFONO
Uno di loro detta a gran voce il suo numero di cellulare. I molti giornalisti presenti lo chiamano, il suo è un racconto corale: «Che senso ha stare qui? Perché ci tenete chiusi?Non possiamo fare la doccia, le stanze puzzano, ci imbottiscono di medicinali, gli avvocati non li vediamo mai, siete fascisti, noi chiediamo solo libertà ». Eppure è surreale che il Cie di Ponte Galeria sorga a pochi metri di distanza dalla Nuova fiera di Roma, il trionfo della libera circolazione delle merci. Ma lo stesso Governo ha deciso che gli uomini invece sono colpevoli di reato solo per essere clandestini.

All’uscita dopo l’ispezione i parlamentari dicono in coro: «La Bossi-Fini e il Pacchetto Sicurezza di Maroni vanno abrogati, sono fuori dalla Costituzione ». «La situazione è esplosiva – racconta Rosa Calipari – c’è tensione e ansia e il prolungamento a 18 mesi della detenzione non fa che peggiorare le cose, è rischioso per i migranti e per le forze dell’ordine che ci lavorano». Gli immigrati, in gran parte nord africani, non sanno quale sarà  il loro futuro, vivono, secondo le loro stesse parole riportate dai deputati, «un tempo fermo», aggravato dal fatto che non hanno neanche le attività  previste daun normale carcere, per esempio, il biliardino o la lettura: tutto vietato per motivi di sicurezza, potrebbero incendiare le pagine. Non gli rimane altro che sostare in attesa di riconoscimento e rimpatrio forzato.

COLOMBO: È UNA LEGGE PASTICCIO
«In carcere si sta meglio – dice Livia Turco – è questo l’aspetto più vergognoso e drammatico, questa legge è solo disumana e inefficace». «La maggioranza – nota Andrea Sarubbi – in queste settimane si è preoccupata oltremodo della carcerazione preventiva, perché c’era uno di loro coinvolto, questa della povera gente come la vogliamo chiamare? Non è detenzione senza aver neanche commesso un reato? È da paese civile?».

Per Furio Colombo «la legge è un pasticcio irrazionale per far piacere a immaginari elettori del centrodestra che non sono così persecutori come il Ministro dell’Interno. È ingiusta per chi la deve far eseguire ed è ingiusta per chi la subisce. È un monumento alla distruzione della Costituzione». Dopo il successo dei presidi in tutta Italia la volontà  è quella di continuare la mobilitazione permanente, coinvolgendo i cittadini. Ma per primacosa bisogna creare unpool di avvocati disposti a patrocinare gratuitamente le cause dei singoli migranti e uno di giornalisti che monitori costantemente i Cie.

Sono quotidiani infatti i racconti di scioperi della fame, rivolte e episodi di autolesionismo fino a tentativi di suicidio per non essere rimpatriati. «Mentre in parlamento l’opposizione da battaglia per abrogare la Bossi- Fini e il Pacchetto Sicurezza – commenta Gabriella Guido, del comitato Primo Marzo, tra i promotori dell’iniziativa – noi continueremo a fare pressione affinché Maroni ritiri la circolare, solo così i cittadini potranno avere reali informazioni su quanto accadde veramente dentro i Cie; i migranti hanno rischiato la vita per raggiungere le coste italiane e qui hanno trovato un altro inferno».

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