Un pomeriggio di bombe e terrore

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 Una potente esplosione ha scosso ieri pomeriggio il centro di Oslo, devastando diversi uffici governativi tra cui quello del primo ministro. Pochi minuti dopo un uomo in uniforme di polizia ha aperto il fuoco in un campeggio estivo della gioventù laburista, il partito di governo. Secondo la polizia i due epidosi sono collegati: un attacco coordinato che ha fatto almeno sette morti e 15 feriti – ma forse molti di più, se sarà  confermato che ci sono 10 vittime nel campeggio – e ha lasciato in stato di shock la solitamente tranquilla capitale norvegese.

La prima esplosione è avvenuta intorno alle 3 e 20 del pomeriggio. Non è ancora chiaro se si sia trattato di una sola bomba o più d’una; alcune fonti parlano di auto-bomba, e in effetti molte immagini mostrano i rottami di un’auto carbonizzata sul luogo. Certo la carica esplosiva era potente, perché ha mandato in frantumi le finestre e danneggiato le facciate di diversi edifici: il più colpito è anche il più alto, 17 piani, il palazzo degli uffici governativi – quello del premier Jens Stoltenberg al 16 piano. Colpito anche l’edificio di fronte, il ministero del petrolio, dove è scoppiato un incendio – le tv hanno mostrato una colonna di fumo che si è levata sull’orizzonde della città .
Il premier è rimasto illeso, si sono affrettati a dire i bollettini. In Norvegia è stagione di ferie e nel venerdì pomeriggio la zona era poco popolata: in una giornata normale il bilancio umano sarebbe stato ben più pesante. L’effetto però non è stato meno allarmante. Nei primi momenti i testimoni hanno parlato di panico nelle strade. Poi la polizia ha chiesto di evacuare il centro («Abbiamo sentito tremare i muri… poi siamo usciti con calma: ma era una situazione irreale, tutti increduli», ci riferisce una persona che si trovava in ufficio vicino). Forse perfino più scioccante è la notizia diffusa poco dopo dalle tv: l’ uomo vestito da poliziotto che si è messo a sparare in un campeggio estivo affollato di ragazzi di 15 e 16 anni, sull’isola di Utoya nel fiordo di Oslo, una quarantina di chilometri a nord-ovest della capitale. Ieri sera il capo della polizia di oslo ha detto che «10, o forse 9» persone sono state uccise. L’uomo èstato arrestato – ieri sera i notiziari dicevano che ha «un aspetto nordico», ma la cosa non è stata precisata.
Il premier Stoltenberg ha dichiarato poco dopo al canale norvegese TV2 che la situazione era «estremamente grave»: parlava per telefono e ha aggiunto che la polizia gli ha chiesto di non rivelare da dove stava parlando. Sembra che ieri pomeriggio fosse in programma una sua visita al campeggio dei giovani laburisti, ma neppure questo è stato confermato.
La Norvegia è una società  aperta, tranquilla, relativamente benestante (il paese è tra i maggiori produttori di petrolio e gas al mondo, e la sua popolazione di 4,9 milioni di abitanti beneficia di un sistema di welfare generoso), e si pensa come paese tranquillo. Sulla scena internazionale ha avuto spesso un ruolo «buono», di mediatore in conflitti difficili (dagli «accordi di Oslo» sulla Palestina nel ’93 alla mediazione in conflitti lontano come Sri Lanka).
L’attacco di ieri ha mandato in pezzi questa immagine di «innocenza». paese membro della Nato, la Norvegia ha anche un piccolo contingente in Afghanistan (500 uomini) e ha partecipato da subito all’inrtervento in Libia.
Nessuno era in grado ieri di attribuire responsabilità  precise all’attacco, ma molti hanno evocato l’ultimo rapporto di «valutazione dei rischi» presentato in febbraio dall’agenzia di intelligence norvegese, Pst: diceva che l’estremismo islamico è una grave minaccia per il paese, «la nostra principale priorità  e preoccupazione» aveva dichiarato il capo della Pst, Janne Kristiansen, presentando il rapporto: dove si parlava di frange minoritarie ma legale alle correnti della «jihad globale», e si evocava il pericolo di attentati a personalità  politiche o dell’imprenditoria..
Non c’è stata (fino al momento di chiudere questa edizione) alcuna rivendicazione chiara di responsabilità . Il gruppo Ansar al-Jihad al-Alami («coloro che aiutano la jihad globale») ha diffuso un messaggio in cui dice che l’attacco è una risposta alla presenza di militari norvegesi in Afghanistan e a imprecisati «insulti al Profeta». Continua: «Abbiamo avvertito, dopo il raid a Stoccolma, di altre operazioni», secondo la traduzione di un esperto di studi sul terrorismo, Will McCants, citato ieri sera dal New York Times.
L’attendibilità  del messaggio non è confermata. E però l’eventualità  di una «pista islamista» era la più evocata ieri sera. il «raid di Stoccolma» evocato dal gruppo Ansal al-Jihad è il fallito attentato del dicembre scorso, quando un uomo ha provocato un’esplosione (ma senza fare vittime) nel centro della capitale svedese. Altri hanno ricordato che tre cittadini norvegesi erano stati arrestati nel luglio 2010 e sospettati di essere un nodo di una rete internazionale di terrorismo.
O che il procuratore generale in questo mese ha incriminato per terrorismo tale Mullah Krekar, fondatore del gruppo islamista kurdo ansar al-Islam (anche se afferma di non esserne più il capo), e che in quell’occasione erano circolate minacce di ritorsione.

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REAZIONI
Dagli Usa alla Ue, condanna unanime

 «Vorrei presentare le mie condoglianze ai norvegesi, forniremo tutto l’aiuto possibile». Così il presidente degli Stati uniti, Barack Obama, ha commentato ieri l’attentato in Norvegia, ricordando «a tutta la comunità  internazionale» l’importanza della lotta al terrorismo e la necessità  di collaborare nella trasmissione delle informazioni. «Il terrorismo non riuscirà  mai a cambiare i nostri valori. L’Europa è unita nella sua lotta contro atti terroristici di ogni tipo», ha dichiarato anche il presidente del Parlamento europeo, il polacco Jerzy Buzek, commentando l’attentato. Una ferma condanna è giunta anche dal presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso. «Un attacco di tale portata arriva inaspettato in una città  notoriamente associata all’idea di pace come Oslo ed esprimo le mie condoglianze al Primo ministro Jens Stoltenberg e ai norvegesi», ha affermato Barroso.


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