Un ministro allo sbando

by Sergio Segio | 30 Luglio 2011 7:32

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Anche l’imbarazzante vicenda della casa in affitto con il parlamentare amico (e indagato) passa in secondo piano. La vera «bomba» come l’ha definita Massimo Giannini che ha raccolto le gravi affermazioni di Tremonti su Repubblica, è l’accusa, presumibilmente rivolta ai corpi dello stato, di spiarlo, controllarlo, pedinarlo. Di conseguenza, o Tremonti va a farsi curare il sistema nervoso, o se ne va chi lo spiava.
In un paese normale, come l’Italia non è ormai da gran tempo, non ci sarebbero alternative. In un paese normale non sarebbe possibile assistere alla scena surreale di un autorevole membro del principale partito di opposizione, come il sindaco Fassino, che, in questa situazione, si incontra con il ministro Tremonti per manifestargli le sue idee programmatiche su Torino. In un paese normale gli organi dello stato deputati avrebbero l’obbligo di chiamare il ministro a rispondere delle sue rivelazioni inquietanti e grottesche. La casa del governo non ha più armadi e gli scheletri se ne vanno a spasso.
Che la crisi del regime berlusconiano non sarebbe stato un pranzo di gala era facile prevederlo. Lo spettacolo di un parlamento ancora in queste ore sottoposto all’umiliazione del voto di fiducia sull’indecente legge sul “processo lungo”, o lo scontro istituzionale tra il capo dello stato e il governo attraverso un suo ministro, Bossi, a proposito di ministeri “padani”, o la grande alleanza di banchieri, imprenditori e sindacati per trovare una soluzione allo stato comatoso della nostra economia, sono la rappresentazione a cielo aperto della decomposizione di un sistema politico-economico-istituzionale arrivato alle convulsioni.
E non c’è alle viste una soluzione alla Zapatero, il primo ministro spagnolo che, di fronte alla crisi economica del suo paese, fa un passo indietro e sceglie la via della fine anticipata della legislatura, portando la Spagna alle elezioni anticipate. Noi affoghiamo nella palude di un governo che non ha alcuna intenzione di farsi da parte. A cominciare da Tremonti che ripete, in televisione, a sua scusante per la «stupidata» della casa, «lavoro tanto, e vorrei continuare a lavorare nell’interesse del mio paese». E naturalmente proseguendo con Berlusconi che assicura di voler arrivare alla fine naturale del suo mandato. Dentro un sistema di democrazia a bassa intensità  la crisi italiana si sta avvitando verso un esito opaco. Senza lo straccio di un’opposizione che, unita, possa reclamare una credibile alternativa di governo.

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