Un giorno di guerra a Oslo. Autobomba e spari, 17 morti
OSLO – La Norvegia sconvolta da un doppio attentato terroristico. A Oslo ieri, nel primo pomeriggio, un’autobomba è stata fatta saltare in strada nei pressi del governo e del maggiore tabloid norvegese, VG, molti i morti e i feriti. Poche ore dopo un uomo camuffato da poliziotto ha aperto il fuoco a Utoya, isolotto vicino alla capitale, contro i giovani partecipanti a una convention di laburisti. Prima di essere arrestato, il terrorista è riuscito ad uccidere una decina di persone.
La paura, la guerra, l’odio sono arrivati fin qui, nella terra tranquilla del premio Nobel per la pace, nella città dove persino israeliani e palestinesi si erano stretti la mano. La Norvegia è sotto attacco: mentre una fortissima esplosione nel quartiere governativo sconvolgeva il cuore della capitale ieri poco dopo le 15, uccidendo almeno sette persone e ferendone una quindicina, a 30 chilometri, nell’isola di Utoya, un uomo approdato con una barca e vestito da agente di polizia apriva il fuoco sui ragazzi dell’Auf, il movimento giovanile del partito laburista, riuniti per un campo estivo. Prima che i poliziotti autentici riuscissero a bloccarlo, l’uomo ha fatto una strage. Un primo bilancio parla di almeno dieci morti, ma un testimone ha raccontato alla Reuters di aver «contato una ventina di corpi abbandonati nell’acqua».
Per Oslo è stato un giorno da incubo: in mezzo al fumo persone sanguinanti, sedute sul marciapiede, guardavano nel vuoto. Altri lasciavano il quartiere urlando, raccontando scene di panico, sirene, vetri in frantumi e detriti. Il ministero dell’Energia, colpito direttamente dall’esplosione, a tarda sera era ancora in preda al fuoco. Fino a notte i vigili del fuoco erano impegnati con gli idranti, sui siti norvegesi si è diffusa la notizia di persone ancora intrappolate fra le fiamme.
«È stata una bomba», dice la polizia locale, una sola. No, più d’una, rimbalzano le voci su Internet. E sembra una voce credibile, almeno vedendo il video girato dal telefonino di un passante e pubblicato sul sito del britannico Guardian, dove sembra distinguibile una seconda esplosione, a poca distanza dalla prima. Un portavoce delle forze dell’ordine dice che potrebbe essere stata un’auto imbottita di esplosivo, forse quella inquadrata brevemente dalle telecamere di sorveglianza appena poco prima del botto. Ma è presto per avere certezze.
Però la paura ha il suo effetto: il governo decide di rafforzare i controlli alle frontiere, sospende il trattato Schengen sulla libera circolazione. Manda l’esercito a stringere in una cornice di sicurezza il centro della capitale, arrivando ad evacuare una parte della zona, costringendo persino i passeggeri dei treni a lasciare di corsa la stazione centrale e alcuni centri commerciali, imponendo anche ai giornalisti di lasciare le redazioni più centrali. Il timore è che l’attacco possa essere stato organizzato con la tecnica multipla, ben sperimentata da Al Qaeda: una bomba prima, poi altri attacchi, nel momento in cui i soccorritori si affannano, la popolazione è distratta dall’emergenza e la guardia si abbassa.
In altri paesi è successo con attacchi kamikaze di guerriglieri. E in serata è venuta la conferma che l’intenzione era quella: un’altra bomba, inesplosa, è stata ritrovata dalla polizia vicina alla sede della Nrk, la tv pubblica norvegese, non lontano dalla zona della prima esplosione.
La bomba è esplosa a ridosso di un palazzo governativo, che però ospita anche una casa editrice e la redazione del giornale VG. Per ora ogni ipotesi è valida, anche se le modalità dell’attacco fanno pensare a una matrice di terrorismo internazionale. Ma la polizia non esclude la pista interna, e quella che porta ai gruppi neonazisti. Una fonte del ministero dell’Interno spiega all’agenzia Ntb, infatti, che gli investigatori «indagano su un attacco all’attuale sistema politico nazionale». «È un attacco terroristico coordinato», spiega la polizia, «c’è una connessione tra le bombe nel centro di Oslo e l’agguato al campo estivo dei giovani laburisti». E infatti, lo sparatore di Utoya, un uomo biondo e alto che la polizia ha identificato come cittadino norvegese di 32 anni, sarebbe stato visto anche sul luogo della bomba.
In un primo momento due piste sembravano le più sensate. La prima è quella di un attacco di matrice qaedista al governo di Oslo, responsabile pochi mesi fa della cattura di una cellula della rete fondata da Osama Bin Laden e soprattutto contributore di truppe nella missione Isaf in Afghanistan, sotto la bandiera della Nato.
La seconda è una vendetta di radicali islamici contro la casa editrice, perché un giornale del gruppo aveva pubblicato quelle che sono passate alla storia come vignette sataniche sul Profeta Maometto. La seconda ipotesi sembra meno plausibile, ma per il momento è l’unica che sia legata alla rivendicazione di un gruppo jihadista, poi smentita dagli stessi islamisti. In serata è arrivata sul web arriva la rivendicazione di “Misand al-Jihad al Alami”, un gruppo integralista sconosciuto.
«La situazione è grave», dice il premier Jens Stoltenberg da un luogo segreto, dove convoca una riunione straordinaria del governo. Il primo ministro era atteso anche ad Utoya, ma poi ha cambiato programma. Per lui, con tutta probabilità , nell’isoletta c’era pronto un altro attacco: dopo la cattura dello sparatore, la polizia ha trovato dell’esplosivo nascosto. In tarda serata Stoltenberg è apparso in tv, per lanciare una sfida agli attentatori: «Voi non ci distruggerete. Non distruggerete la nostra democrazia».
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