Ucciso con 9 colpi in pieno giorno un’altra esecuzione nel centro di Roma

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ROMA – Nove colpi di pistola al torace. Due killer che fuggono su una moto scura, di grossa cilindrata. Un giovane uomo con le gambe incastrate nell’auto dalla quale ha tentato di fuggire e il resto del corpo floscio, sfigurato dal sangue, sull’asfalto. Un’esecuzione in piena regola, nel cuore di Prati, uno dei quartieri della Roma bene.
A morire crivellato dalla raffica di proiettili calibro 9×21 è Flavio Simmi, 32 anni, precedenti per lesioni e rissa, figlio di “Robertone” un personaggio vicino, secondo gli inquirenti, alla Banda della Magliana, gestore di un ristorante e una gioielleria, e coinvolto e poi assolto nell’inchiesta “Colosseo” per usura. Un regolamento di conti tra bande rivali della mala romana, una vendetta per uno sgarro subìto, un delitto legato alla storia criminale del padre. Ne sono convinti gli investigatori della squadra mobile romana; ne è certo il papà  della vittima, che di fronte al corpo martoriato del figlio continuava a gridare: «Volevano colpire me, è morto per colpa mia. Si sono rifatti su di lui».
Ieri mattina tutto si è consumato in una manciata di minuti sotto gli occhi della compagna del giovane, Paola Petti, madre di due gemellini di un anno. Erano le 9 e 40 quando Flavio Simmi, già  vittima di un agguato lo scorso 8 febbraio davanti all’oreficeria del padre in via dei Monti della Pietà , è montato sulla macchina di Petti, una Ford Ka grigia, parcheggiata in via Grazioli Lante. Prima di mettere in moto la convivente si è accorta che la ruota anteriore destra era a terra. Sotto il violento nubifragio che ha colpito la capitale, Paola Petti si è avvicinata per controllare. Con molta probabilità  la ruota era stata forata in precedenza.
Un attimo dopo è scoppiato l’inferno. Flavio si è accorto dallo specchietto retrovisore che i due sicari stavano arrivando. Ha gridato qualcosa alla compagna, ha aperto lo sportello della macchina, ha cercato di scappare. Troppo tardi. I killer si sono accostati con la moto, hanno tirato fuori la 9×21 e hanno aperto il fuoco. Nove colpi, uno dietro l’altro, tutti al torace. L’uomo è morto subito. «Non può finire così, fate arrivare subito un’ambulanza, fate qualcosa», gridava la giovane donna. Il quartiere si è stretto attorno a lei, fino a quando gli agenti della Mobile, diretti da Vittorio Rizzi, l’hanno caricata su una volante e portata in procura, dove è stata ascoltata per ore dal magistrato.
Mentre in tutta Roma è scattata la caccia grossa, da Prati alle periferie, per rintracciare i due assassini, gli investigatori hanno ascoltato diversi testimoni, oltre ad aver sequestrato i filmati delle telecamere della zona. Una in particolare ha immortalato tutta la sequenza dell’omicidio.
Gli inquirenti della direzione distrettuale antimafia della capitale, diretti dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, hanno intanto avviato un’inchiesta e stanno passando al setaccio la vita di Simmi per cercare di capire se nel suo passato ci sia o meno un elemento che lo lega a chi ha deciso la sua morte.
«Questo omicidio ha un livello qualitativo molto più alto di quelli avvenuti in città  in passato», ha sottolineato il sindaco Alemanno. Che, oltre a scrivere al ministro Maroni per chiedere «massima attenzione» per «l’azione della criminalità  organizzata nella nostra città », apre una polemica con gli inquirenti che si occuparono dell’agguato dell’8 febbraio scorso a Simmi. «Non capisco come mai dopo la gambizzazione di questa persona, sia stato possibile assistere al suo omicidio, senza che le indagini avessero fatto un passo avanti».


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