Turbante esplosivo a Kandahar

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Il quarto omicidio politico di alto livello nel solo mese di luglio ha scosso ieri a Kandahar, la città  più importante dell’Afghanistan meridionale – una sorta di seconda capitale afghana. Il sindaco Ghulam Haidar Hamidi è stato ucciso nel suo stesso ufficio da un attentatore suicida: episodio che dice quanto sia fragile la sicurezza nella provincia meridionale, nonostante la forte presenza di truppe Usa e Nato, ma anche quanto feroce sia la lotta per riempire il vuoto di potere lasciato dalla scomparsa di Ahmad Wali Karzai, il fratellastro del presidente e «padrone» di Kandahar, ucciso il 12 luglio.
Hamidi, 65 anni, era considerato un buon alleato del presidente Hamid Karzai. L’attentatore è arrivato fino a lui insieme a una delegazione di leader dei clan pashtoon, che il sindaco aveva ricevuto per sentire rimostranze sollevate da un suo piano per demolire abitazioni abusive in una zona settentrionale della città , a cui si oppongono però gli abitanti di quelle case. Sembra che il giorno prima durante una demolizione le ruspe municipali abbiano ucciso una donna e due bambine, e gli anziani tribali erano andati appunto a protestare, ha spiegato il portavoce del consiglio provinciale Zalmay Ayoubi: tra loro c’era l’attentatore, con una carica di esplosivo nascosta nel turbante.
Il portavoce dei Taleban Qari Yousuf Ahmadi ha dapprima rifiutato di commentare e poi rivendicato l’uccisione del sindaco. Ma non tutti danno credito a tale rivendicazione: l’ ambasciatore degli Stati uniti in Afghanistan Ryan Crocker, insediato pochi giorni fa, ha ma avvertito che bisogna andare cauti sulle attribuzioni, «potrebbe risultare che non ha nulla a che vedere con i Taleban» ma invece con la questione delle demolizioni.
L’ambasciata Usa a Kabul ha confermato che Hamidi era un cittadino americano: nato e cresciuto a Kandahar, università  a Kabul, per anni funzionario al ministero delle finanze, come molti appartenenti all’élite afghana era emigrato negli Usa dopo l’invasione sovietica negli anni ’80, per tornare solo dopo la caduta dei Taleban.
Il sindaco Hamidi era stato indicato come un possibile successore di Ahmad Wali Karzai alla presidenza del consiglio provinciale di Kandahar. Non è detto che sia per questo che è stato eliminato. E’ certo però che la morte di Ahmad Wali ha aperto una feroce lotta tra fazioni e potentati. Più che dal suo ruolo al consiglio provinciale (organismo solo consultivo), il potere di Ahmad Wali Karzai veniva dall’essere il capo del clan familiare del presidente, e dalla sua rete di connessioni con gli altri clan. La sua scomparsa è stata un colpo personale per Hamid Karzai, che si era affidato al fratellastro come garante degli interessi politici e finanziari della famiglia (e come fonte di appoggio durante le elezioni): anche per questo lo ha sempre coperto, quando gli occidentali lo acusavano di controllare contrabbando e narcotraffico.
Il giorno stesso del funerale di Wali Ahmed, il presidente Karzai ha nominato un altro fratello nuovo «capo» del clan. Ma rimpiazzare il ras di Kandahar non è così semplice: e in rapida successione sono stati uccisi il più anziano capo religioso della città , poi il più stretto consigliere di Karzai (Jan Mohammad Khan, ex governatore della provincia di Uruzgan, noto per la brutalità  con gli avversari ma anche per aver promosso negli ultimi mesi negoziati con i Taleban: tanto che la sua uccisione, il 17 luglio, è stata interpretata come un segno che chiusura di dialogo).
Kandahar si conferma un teatro cruciale della politica afghana: la città  dove i Taleban hanno avviato la loro ascesa negli anni ’90, e tuttora mantengono una roccaforte; dove hanno attuato gran parte degli «omicidi mirati» dell’ultimo anno – clamoroso quello del capo della polizia, in aprile, poco dopo la clamorosa evasione di massa dal carcere organizzata proprio dai Taleban. E la città  dove possono innescarsi o fallire negoziati e allenze.

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ASIA MERIDIONALE
Kashmir, segni di dialogo tra India e Pakistan

 Una schiarita nelle relazioni tra india e Pakistan, le due potenze (nucleari) dell’Asia meridionale. I ministri degli esteri dei due paesi si sono incontrati ieri a new Delhi, e hanno concordato una piccola ma significativa serie di «misure per costruire la fiducia». Si tratta di una serie di significatoive concessioni reciproche per allentare la tensione in Kashmir, la regione settentrionale contesa (è stata la causa di due delle guerre dichiarate tra le due nazioni nate dalla Spartizione della vecchia india coloniale britannica, oltre che di una guerra non dichiarata nel ’99 e di un persistente conflitto «a bassa intensità »). Già  il fatto che l’incontro di ieri si sia tenuto – nonostante l’attentato du due settimane a Mumbai, che ha rinnovato i sospetti dell’india verso il Pakistan – è indicazione di una volontà  di dialogo. Tra le misure concordate ieri, una intensificazione degli scambi commerciali attraversi la frontiera di fatto in kashmir e una relativa facilitazione nella concessione dei visti per i cittadini dei due paesi.


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