TUNISIA. Adolescente ucciso dai poliziotti, riesplode Sidi Bouzid
E improvvisamente è sembrato di ritornare alle origini della «rivoluzione dei gelsomini», scoppiata proprio a Sidi Bouzid, il 17 dicembre dello scorso anno, quando Mohamed Bouazizi (un venditore ambulante) si era dato fuoco per protesta, dando il via alla rivolta che avrebbe portato alla caduta di Ben Ali.
Da qualche giorno la violenza è tornata a percorrere le strade della Tunisia, un segnale che lo scontro tra rivoluzione e controrivoluzione è duro, perché i delusi della rivoluzione non sono disposti ad accettare una loro emarginazione. La rivolta era partita da Sidi Bouzid ma proprio qui, nel centro-sud della Tunisia, non si è visto nessun risultato della rivoluzione. A maggio avevamo incontrato diversi giovani che ci avevano preannunciato che non si sarebbero arresi. Cosa farete? avevamo chiesto. «O una nuova rivoluzione o c’imbarchiamo per Lampedusa». Molti hanno tentato la traversata ma c’è anche chi ha scelto una nuova rivoluzione, o almeno la rivolta. Non solo a Sidi Bouzid. Anche a Tunisi e in altre città è partita «Kasbah 3», dal nome del palazzo di governo. Non tutto è così chiaro, c’è anche chi vuole imprimere un altro segno alla rivolta finora pacifica. Negli scontri del fine settimana ci sono stati gruppi che a Menzel Bourghiba, a 65 chilometri dalla capitale, hanno preso d’assalto le caserme, impossessandosi di armi e munizioni.
A indagare sulla morte di Thabet Belkacem sarà la giustizia militare e non quella civile, segno che la situazione è tutt’altro che normalizzata. Se la protesta è comprensibile di fronte alle difficoltà della rivoluzione nel raggiungere gli obiettivi prefissati, sembra che in questa fase, soprattutto in vista delle elezioni della costituente del 23 ottobre, si stiano attivando anche altri protagonisti: islamisti (alcuni accusano Ennahda di volersi appropriare della piazza) ed ex militanti del Rcd (il disciolto partito di Ben Ali).
Accuse precise sono state rivolte ieri – in un improvvisato discorso televisivo alla nazione – dal premier Beji Caid Essebsi a quei «partiti politici» e «movimenti marginali» che hanno la consapevolezza di non poter affrontare le elezioni e le vogliono cancellare. Forze integraliste sarebbero all’origine di un tentativo di destabilizzazione del paese: il premier ha esplicitamente fatto riferimento a «movimenti estremisti religiosi», aggiungendo che però non sono i soli: «Noi non vogliamo né estremismo di destra né di sinistra». Essebsi ha quindi chiesto a tutti i partiti di schierarsi contro le forze integraliste, assicurando che le elezioni si svolgeranno il prossimo autunno, come previsto. «Quelli che hanno rubato le armi vogliono rovesciare il regime» ma «il popolo tunisino ha fatto una rivoluzione e nessuno potrà appropriarsi di questa rivoluzione», ha concluso.
A Sidi Bouzid ieri era tornata la calma ma la città – continuamente sorvolata da un elicottero – è ancora sotto shock e regna un clima di paura: molti negozi sono rimasti chiusi.
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