by Sergio Segio | 15 Luglio 2011 7:02
ROMA — «Senza il pareggio di bilancio il debito pubblico, un mostro che viene dal nostro passato, divorerebbe il futuro nostro e quello dei nostri figli. Il Paese ci guarda: governo, maggioranza e opposizione, certamente diversi, ma oggi qui non troppo divisi. E per questo sono orgoglioso» .
Nell’Aula del Senato, che ha appena approvato la manovra, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ringrazia l’opposizione, spiega che un provvedimento così «non si fa se non per il bene comune» , ma torna a lanciare l’allarme sul futuro dell’Italia. Indissolubilmente legato ad un’Unione Europea senza anima politica che rischia di «fare la fine del Titanic» se non ritroverà ambizione e solidarietà . Alla manovra in sé il ministro dedica solo pochi minuti del suo intervento.
Giusto il tempo di sottolineare che, oltre al percorso che porterà il deficit «allo zero assoluto» e non più solo «vicino al pareggio» , contiene sedici azioni per la crescita dell’economia.
Tutto il resto del suo discorso è riservato alle traversie dell’Unione Europea, scossa dalla nuova ondata di speculazione e di sfiducia dei mercati ed arrivata ormai «al dilemma e al dramma dell’euro» , al punto di non ritorno: «o si va avanti— dice Tremonti — o si va a fondo» . «Siamo in un paradosso, l’area dell’euro è oggettivamente la più ricca e meno indebitata del mondo, ma la percezione che ne hanno i mercati non riflette questa forza» . Anzi. «A giudicare dagli spread sui titoli tedeschi — dice il ministro — i mercati ritengono oggi ad alto rischio gli investimenti in un’area pari al 40%della zona euro» . «Nessuno ci può credere ma è proprio questo il problema. Più che di speculazione finanziaria è un problema di credibilità e fiducia politica: perché credere in una moneta fatta da 17 diversi Stati-nazione, governata da 17 diversi governi controllati da 17 diversi parlamenti? Nella storia prima viene lo Stato e poi la moneta, ma con l’euro di è invertito l’ordine» . Ciò che manca in Europa è un governo politico. «I trattati sono come i matrimoni, di norma contratti nella buona e nella cattiva sorte, ma non sono così i trattati dell’Unione, dove il bene è la regola e il male solo l’eccezione» .
In un momento nero come questo, mancano ancoraggi certi. «La salvezza può venire solo dalla politica, ma non deve fare più errori. Non possiamo dire a primavera a Bruxelles che i titoli sovrani sono garantiti e poi a Dauville, in autunno, che tutto può essere perso» . Troppa titubanza e troppi egoismi, sottolinea Tremonti. «La soluzione o è comune, europea, o non è, senza illusioni di salvezza per nessuno. Come sul Titanic, non si salvano neppure i passeggeri di prima classe» dice il ministro. Un riferimento implicito alle indecisioni della Germania, come quello diretto ad alcuni Paesi europei dove «sembra che si antepongano i problemi interni alla costruzione comune» .
Per il ministro dell’Economia serve «una visione alta sul nostro futuro, serve una governance capace di guidare unitariamente e autorevolmente i 17 paesi membri verso un destino comune» . In una parola, basterebbero «gli eurobond» , cioè obbligazioni garantite dagli stati membri, in pratica dei titoli di stato europei. Tremonti li propone senza successo dal 2003, ma qualcosa sta cambiando. L’Economist, ieri, li ha rilanciati come possibile soluzione alla crisi. Un bel passo avanti, se si pensa che i primi ad affossare gli eurobond di Tremonti, allora, furono proprio i britannici, terrorizzati dall’idea del «superstate» europeo.
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