Tremonti: “Non ho fregato gli italiani” ma il Pd insorge: dimissioni subito

by Sergio Segio | 30 Luglio 2011 7:13

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ROMA – «Non ne ho bisogno». Con questa frase perfettamente in linea con il suo carattere tagliente, il ministro Tremonti si difende dall’accusa di aver ricevuto favori poco chiari, ma l’opposizione insorge: «Dimissioni subito», mentre il Pdl tace. «Non ho bisogno di rubare soldi, di fregare soldi agli italiani», dice in tv a Unomattina, dopo la lettera al Corriere e il colloquio con Repubblica. La vicenda è sempre quella della casa a via di Campo Marzio, a meno di due passi da Montecitorio, in cui il ministro ha abitato tre giorni a settimana pagando quattromila euro al mese in contanti (mille ogni settimana) a Marco Milanese. La faccenda è ingarbugliata al massimo perché Milanese – per dieci anni braccio destro del ministro – ha detto che pagava 8.500 euro di affitto ma poi è venuto fuori che un imprenditore avrebbe pagato la pigione di diecimila euro in cambio di favori ricevuti. Insomma i conti non tornano.
Ma al di là  degli aspetti contabili resta il fatto che la vicenda ha messo il ministro Tremonti in una posizione estremamente delicata proprio nel momento in cui l’Italia è sotto attacco da parte della speculazione. Non solo, ma il ministro – per spiegare perché decise di trasferirsi in casa Milanese dall’alloggio della Guardia di Finanza – racconta a Repubblica che lo ha fatto perché in caserma non si sentiva tranquillo: «Ero spiato e pedinato». Una circostanza su cui la Procura di Napoli vuole vedere chiaro. Si era messa in moto la macchina del fango contro il ministro inviso a Berlusconi. Ma «con me non userete il metodo Boffo», insorse Tremonti che accusò il premier di farlo spiare. Era giugno e da allora Berlusconi non ha fatto nulla per difendere il ministro. Ecco allora che Tremonti si difende così: «L’unica casa che ho è a Pavia. Di avere casa a Roma non me ne può fregare di meno, non frequento i salotti e non faccio vita sociale romana. Prima di fare il ministro dichiaravo al fisco 5 milioni, 10 miliardi di vecchie lire all’anno. Do in beneficenza più di quanto prendo come parlamentare. Non ho bisogno di avere illeciti favori, di fregare i soldi agli italiani». Però «forse avrei dovuto essere più attento», concede Tremonti che spiega con il troppo lavoro la «leggerezza» della casa: «Se devi lavorare in questo modo… gestire il terzo del debito del mondo ti impegna abbastanza». Ma le scuse agli italiani no, «per uno come me è una cosa…», non finisce la frase ma la parola mancante è: impossibile. Il punto che desta più allarme nella spiegazione di Tremonti è certamente quello sui motivi per cui lasciò l’alloggio della Finanza.
Subito dopo quest’uscita Tremonti ha telefonato al comandante generale Nino Di Paolo esprimendogli «piena fiducia», definendo «inappropriate» le parole di Crosetto che ha chiesto al titolare del Tesoro di riferire in parlamento.
Le opposizioni intanto chiedono le dimissioni del ministro. Per Niki Vendola la spiegazione di Tremonti è «un modo minimalista e imbarazzante per affrontare la questione morale e la crisi economica del Paese». L’Idv: «Le parole di Tremonti sono un’offesa agli italiani». Il Pd: «La toppa di Tremonti è peggiore del buco». Secondo il capogruppo dcemocratico Dario Franceschini, «è un pezzo di questa stagione di veleni in cui la maggioranza è unita solo da una cosa: stare lì ad ogni costo». Un attacco contro il quale il Pdl sembra evitare di fare quadrato. Solo i ministri Palma e Rotondi intervengono in difesa del “collega”. E Umberto Bossi ha spezzato a metà  una lancia a favore dell”amico Giulio”: «Lui non può abbandonarci. Senza di noi dove va?».

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