by Sergio Segio | 14 Luglio 2011 7:03
ROMA – «Hic manebimus optime». Giulio Tremonti cita Tito Livio per annunciare che non intende dimettersi: «Il decreto per il pareggio di bilancio sarà accompagnato nei suoi sviluppi da chi si è preso e si prende la responsabilità di averlo presentato». Il ministro dell’Economia approfitta dell’assemblea dell’Abi, l’associazione bancaria italiana, per fare altri due annunci: la manovra sarà rafforzata «per tutto il quadriennio» e verrà approvata «entro venerdì». Al suo fianco c’è Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia e prossimo presidente della Bce. Le «misure ulteriori» vanno definitive «in tempi rapidissimi» perché «a questo guardano oggi i mercati». E soprattutto, senza altri tagli, sono inevitabili più tasse. Con le sue parole: «Se non si incide anche su altre voci di spesa, il ricorso alla delega fiscale e assistenziale per completare la manovra nel 2013-2014 non potrà però evitare un aumento delle imposte».
Tremonti e Draghi parlano davanti al Gotha dell’economia mentre da Washington il Fmi promuove le misure e invita il governo ad andare avanti col risanamento. Per forza di cose la loro analisi non può prescindere dagli attacchi speculativi contro l’Italia e dal grande rally degli spread, i differenziali di rendimento tra i titoli pubblici italiani e il bund tedesco: insieme cercano di rassicurare gli operatori. «Mi hanno detto che e’ meglio non parlare, ma lavorare in Parlamento», e per parlare «è meglio, a mercati chiusi», esordisce il ministro non senza notare che il balzo degli spread «non è del singolo stato ma della struttura complessiva dell’Europa» e dunque, nei suoi calcoli, «riguarda il 40% dei paesi Ue». Il governatore rileva che i differenziali Btp-bund hanno raggiunto «livelli visti l’ultima volta nel 2008». Solo che oggi le banche «sono più sane e meno cariche di pesi morti» rispetto ad allora. In ogni caso, «alle tensioni degli ultimi giorni ha contribuito l’incertezza sulle prospettive della finanza pubblica»; le riforme strutturali «invocate per tanti anni sono oggi ancora più essenziali». «La situazione impone decisioni rapide e coraggiose», gli fa eco in Parlamento il vicedirettore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.
E ancora: nella visione di Tremonti «tutto quello che ha causato la crisi è sempre presente. Niente di quello che si doveva fare è stato fatto. Non ci sono le nuove regole”, che peraltro sono appannaggio proprio di Draghi e del suo Fsb. Perciò «tre anni persi». Nella lettura del governatore, alla base delle tensioni c’è un problema di «credibilità ». Oggi, «la solvibilità degli stati sovrani non è più un fatto acquisito ma va guadagnata sul campo con una crescita alta e sostenibile, possibile solo con i conti in ordine». In questa fase di turbolenza «bisogna dare certezza al processo con cui si gestiscono le crisi sovrane: definire con chiarezza gli obiettivi politici, il disegno degli strumenti, l’ammontare delle risorse». Tremonti annuncia più privatizzazioni e più liberalizzazioni. Draghi chiede di «avere fiducia» nelle possibilità di crescita dell’economia, invita a «riscoprire un agire per il bene di tutti».
In sala, tra gli altri, c’è anche il sottosegretario Gianni Letta. Sul palco, secondo una disposizione che ha incuriosito la platea, siedono anche due dei tre candidati che si contendono il vertice della Banca d’Italia (insieme a Lorenzo Bini Smaghi, membro uscente della Bce): l’«interno» Fabrizio Saccomanni, direttore generale dell’Istituto, accomodato vicino al ministro; l’«esterno» Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, a fianco di Draghi.
Al palazzo dei Congressi si crea anche un fronte comune tra il governatore e Giuseppe Mussari, presidente Abi: entrambi lanciano ai mercati un messaggio di tranquillità sull’esito degli stress test bancari previsto per venerdi.
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