Svolta in Thailandia La sorella di Thaksin sarà  primo ministro

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PECHINO — Un sorriso per la vittoria. «Il popolo mi ha dato una possibilità . Io farò del mio meglio per il mio popolo» . Ha atteso fino all’ultimo Yingluck Shinawatra, 44 anni, sorella minore del più celebre Thaksin, ex premier in esilio a Dubai.
 Il consueto, grazioso sguardo che ha conquistato i cuori degli elettori, la voce bassa a indicare modestia, Yingluck si è pronunciata soltanto dopo che il suo avversario, il primo ministro uscente, ha riconosciuto la propria sconfitta: «Il risultato è chiaro — ha detto ieri sera Abhisit Vejjajiva, 46 anni — il partito Pheu Thai («per i thailandesi» , ndr) ha vinto le elezioni, il partito democratico le ha perse. Ora mi auguro che il prossimo governo lavori per l’unità  e la riconciliazione. Intanto mi congratulo con Yingluck che sarà  il futuro premier» .
Nessuna sorpresa alle legislative di domenica in Thailandia. Come previsto nei sondaggi, il partito emanazione di un leader, Thaksin Shinawatra, 61 anni, che non ha mai rinunciato all’idea di rientrare da uomo libero nel suo Paese, ha conquistato la maggioranza assoluta al Parlamento: 263 seggi su 500, mentre ai democratici ne sono andati 161, il resto ai partiti minori. Quel che non è riuscito con la forza (a Thaksin è attribuita la sanguinosa rivolta delle camicie rosse, lo scorso anno: oltre 90 morti nella repressione militare, compreso il fotografo italiano Fabio Polenghi), è arrivato da un «colpo di genio» : candidare la sorella minore, destinata ora a diventare la prima donna alla guida di un governo nella storia tormentata del Paese del Sud-Est asiatico. Ultima di nove fratelli, Yingluck non si è mai occupata di politica fino a sei settimane fa.
Sposata, un figlio di 8 anni che l’ha accompagnata nei comizi, invitando una folla estasiata a votare «per la mia mamma», » , la sorella di Thaksin si è presentata agli elettori con grande sagacia, evidentemente istruita da lontano con perfetta scelta di tempo.
Laureata in scienze politiche all’Università  di Chiang Mai, «feudo» dei Shinawatra nel Nord rurale della Thailandia, un master alla Kentucky University, negli Stati Uniti, Yingluck ha sempre lavorato nelle imprese fondate dal fratello maggiore, dirigendo la società  di telecomunicazioni e l’immobiliare «di famiglia» . «Sono pronta per combattere questa nuova battaglia rispettando le regole— aveva detto ricevendo l’investitura dal suo partito a Bangkok —. Vi chiedo fiducia, la stessa che avete sempre attribuito a mio fratello, e vi chiedo di giudicarmi dai risultati» . Seguendo i consigli di Thaksin, che l’ha soprannominata «il mio clone» , Yingluck ha fondato la sua campagna elettorale su una serie di promesse populiste, condite con il suo fascino, che hanno riconquistato i contadini e il proletariato urbano, gli stessi che avevano sostenuto con convinzione il premier poi cacciato da un colpo militare nel 2006: sussidi, prezzo del riso «da triplicare» , eguaglianza sociale, prestiti agevolati anche senza garanzie, salario minimo più alto.
Ricetta sicura, in un Paese tradizionalmente diviso tra una classe dominante composta dalla nobiltà  e dall’alta borghesia (con l’aggiunta dei generali, nemici del tycoon perché considerato una minaccia per l’establishment e la monarchia), e l’altra metà  mantenuta ai margini fino alla comparsa del ciclone Thaksin nel 2001, quando vinse le prime elezioni parlamentari.
 L’ «esiliato» adesso attende solo che la sorella mantenga un’altra delle promesse fatte prima delle elezioni: l’amnistia «per tutti i reati politici, non soltanto per mio fratello» . Ma l’ex premier, che dovrebbe scontare una condanna definitiva a due anni di prigione per «corruzione » , non ha fretta e assicura che tornerà  «al momento opportuno, senza alcun desiderio di vendetta: non voglio essere un problema» . Resta da vedere cosa faranno i militari: accetteranno il risultato delle urne? «L’esercito — dice al Corriere Kraisak Choonhavan, ex deputato democratico— interverrà  soltanto quando la Thailandia sarà  nuovamente sull’orlo del baratro, un baratro garantito dalla follia populista di Thaksin, o della sorella: perché non c’è nessuna differenza tra i due. O meglio: lui è il puparo, Yingluck la marionetta» .


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